Mediterraneo di pace
La pace come unica strategia possibile ed efficace per trasformare il Mediterraneo in un «grande» lago di Tiberiade – quello percorso da Gesù durante la sua predicazione – privo di barriere etniche e religiose. È stata questa intuizione del sindaco «santo» di Firenze, Giorgio La Pira, a fare da sfondo all’incontro «Mediterraneo frontiera di pace», che ha radunato a Firenze, dal 23 al 27 febbraio, 60 vescovi e 65 sindaci di venti Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. La Pira è stato il filo rosso che ha legato l’evento di Firenze (e quello precedente di Bari del 2020) a quei «Colloqui mediterranei» che si tennero, sempre nel capoluogo toscano, tra il 1958 e il 1964, voluti dallo stesso sindaco del quale si ricorda la missione a Mosca nel 1959, in piena guerra fredda. La Pira in quell’occasione andò al Cremlino, oltre la Cortina di ferro, per incontrare Nikita Kruscev, capo del partito comunista, e parlare al Soviet Supremo. Ed è terribile pensare che ancora oggi, proprio come allora, siamo sull’orlo di una guerra nucleare, a causa dell’aggressione russa all’Ucraina.
La lezione di La Pira
Bene lo ha ricordato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, aprendo i lavori il 23 febbraio: «Mai come oggi risuona alle nostre orecchie la lezione di La Pira sul ruolo delle città nel mondo per raggiungere la pace mondiale. In questo momento, infatti, mentre soffiano venti di guerra dall’Ucraina, gli Stati non sembrano avere la forza, a fronte dell’eventuale buona volontà dei loro leader, di superare il meccanismo strutturato dai rapporti di forza. I nostri popoli, le nostre città e le nostre comunità religiose, invece, possono svolgere un ruolo straordinario: possono spingerli verso un orizzonte di pace e di fraternità». Un Mediterraneo e un’Europa di speranza e di pace passano attraverso quella che a Firenze è stata definita la «diplomazia delle città». Il premier Mario Draghi, in apertura di incontro, lo ha riaffermato con forza: «I “Colloqui mediterranei” nascevano dalla convinzione che le nazioni che si affacciano sul mare avessero un destino comune; che il dialogo tra le religioni di Abramo – ebraismo, cristianesimo, islam – fosse necessario per il mantenimento della pace».
L’evento di Firenze, per Draghi, è stato un invito a sviluppare questa visione «a partire dalle città, che sono sempre più il centro della vita della regione; a ragionare sui nostri diritti e sui nostri doveri come cittadini del Mediterraneo». Ma parlare di diritti, è stato detto da alcuni sindaci, è una cosa molto diversa a Marsiglia, a Rabat, a Istanbul, a Gerusalemme o a Baghdad. L’impegno, allora, è comprendere se può esistere «un minimo comune denominatore», oppure ci si deve interrogare «su come queste diversità possono diventare ricchezza, arricchimento reciproco, giusto equilibrio, scambio autentico di esperienze e iniziative che possano arricchire tutti». L’assise di Firenze ha indicato nelle politiche di integrazione e vicinato le strade per contrastare odio e diseguaglianze. La convivenza, la fratellanza, la tolleranza devono realizzarsi anche «oltre i confini della regione in cui viviamo» perché, come ripetuto dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, «i confini del Mediterraneo arrivano fino in Ucraina. Per questo diciamo “No” alla guerra». E mentre a Firenze il pensiero di sindaci e vescovi era rivolto a Mosca e Kiev, quest’ultima legata alla città toscana da un antico gemellaggio, in Vaticano papa Francesco si muoveva personalmente per recarsi all’ambasciata russa presso la Santa Sede, alimentando speranze, per ora sepolte dalle bombe.
Diplomazia delle città
Dal capoluogo toscano riprende dunque quota il ruolo storico delle città così come le vedeva La Pira: «Un sistema di ponti» in tutto il mondo per edificare «citta? unite», che siano riflesso di Nazioni Unite. «Le città bombardate e saccheggiate – è stato ricordato dal cardinal Bassetti – gridano anche oggi che non vogliono più sopportare e accettare le guerre degli Stati. Le città, infatti, essendo a rischio di distruzione, detengono uno ius ad pacem in nome del loro diritto ad esistere. Per questo motivo, al di là delle divisioni geopolitiche degli Stati cui appartengono, esse possono cooperare per l’unità del mondo». Le città, quindi, «rivendicano un ruolo internazionale, ma potranno partecipare efficacemente al dibattito pubblico soltanto se sapranno crescere come nuove realtà, al tempo stesso sociali e spirituali». La Firenze di La Pira, a riguardo, non è stata solo «un laboratorio teorico, ma anche il luogo in cui si stava reclamando il diritto alla casa per tutti, al lavoro per tutti, alla scuola e all’ospedale per tutti e dove la nonviolenza si trasformava in prassi politica». Il realismo del sindaco fiorentino è riecheggiato tra i vescovi riuniti nel complesso di Santa Maria Novella: «La guerra è impossibile nell’era atomica: non c’è alternativa al negoziato globale». Parole di ieri ma attuali, applicabili non solo al Mediterraneo ma anche ai Balcani, al Medio Oriente, al Maghreb e al Mar Nero.
La voce dei sindaci
La presenza a Firenze di tanti sindaci di Paesi diversi ha reso l’incontro «faticoso» ma, è stato sottolineato da Nardella, «il dialogo è più forte della guerra. La diplomazia delle città è forte e rivoluzionaria. I regni passano, le città restano». Perché le città sono «un occhio lungimirante sui popoli, e punti nevralgici per prendere decisioni per il futuro» ha affermato il sindaco di Atene, Kostas Bakoyannis. Perché «siamo impegnati a difendere e portare la pace in tutto il mondo, nel pieno rispetto di tutte le differenze che ci sono tra gli uomini» ha ribadito il sindaco di Gerusalemme, Moshe Lion. Perché «la nostra storia è quella del bene e del male e il Mediterraneo ha un ruolo importante in questa storia» ha sottolineato Ekrem Imamoğlu, sindaco di Istanbul. «Puoi bombardare e radere al suolo una città, ma non potrai mai distruggere la sua anima» ha dichiarato la sindaca di Sarajevo, Benjamina Karic, città che ben conosce la guerra avendo patito, solo trent’anni fa, l’assedio più lungo della storia moderna.
La Carta di Firenze
Tutti questi temi sono confluiti nella Carta di Firenze, firmata a Palazzo Vecchio a fine incontro. La Carta attesta che «gli uomini devono dialogare, devono trattare, e per i credenti di tutte le religioni pregare». Si chiede poi che vengano aperti subito negoziati di pace in Ucraina, sottolineando che «il Mediterraneo non può e non vuole essere luogo di conflitto tra forze esterne»: di qui la necessità di «porre la persona umana al centro dell’agenda internazionale perseguendo la pace, proteggendo il pianeta, garantendo prosperità, promuovendo il rispetto e la dignità dei diritti fondamentali di ogni individuo, giovani e donne, anche attraverso la promozione di obiettivi di sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi sul clima». Molte le sfide da affrontare citate nella Carta: «il cambiamento climatico, i flussi migratori, i conflitti e la povertà», mentre tra gli obiettivi più urgenti, figurano «sviluppare maggiori opportunità di dialogo e di incontro costruttivo tra le diverse tradizioni culturali e religiose presenti nelle nostre comunità». Tra le proposte, quella di «creare programmi universitari comuni (Università del Mediterraneo)». Infine, si ribadisce che le città «rivendicano il loro diritto a partecipare alle decisioni che influiscono sul loro futuro», auspicando «iniziative condivise per il rafforzamento della fraternità e della libertà religiosa, per la difesa della dignità umana dei migranti e per il progresso della pace in tutti i paesi del Mediterraneo».
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