Morire di «selfie»: ne vale la pena?

Annegamenti, cadute da luoghi elevati, attacchi da parte di animali, colpi di arma da fuoco, incidenti stradali e ferroviari... Cresce di anno in anno il numero di persone che, inseguendo la moda dei selfie, perde la vita.
13 Agosto 2019 | di

In Italia, la cronaca ha riportato di recente il caso di due giovani che, pochi minuti dopo aver pubblicato su Facebook il video della loro folle corsa in autostrada, si sono schiantati a una velocità superiore ai 200 km all’ora. In questo episodio ci sono tutti gli ingredienti tipici di queste tragedie: il desiderio di sfidare il pericolo, la volontà di ostentare le proprie gesta sui social network, forse anche l’effetto catena che questi inducono. Non ultime, le caratteristiche dei protagonisti: sebbene i dati suggeriscano che a fotografarsi ed esibirsi in Rete siano di più le ragazze, quando si parla di selfie mortali la disparità di genere si capovolge.

Uno studio condotto dall’Istituto indiano di scienze mediche, pubblicato sul «Journal of Family Medicine and Primary Care», mostra, infatti, che quasi i tre quarti delle vittime sono maschi, la metà tra i 20 e i 29 anni, più di un terzo tra i 10 e i 19. L’attenzione da parte dei ricercatori indiani non è casuale: circa la metà dei 259 casi riportati su giornali e siti di tutto il mondo, tra ottobre 2011 e novembre 2017, si sono verificati nel subcontinente asiatico.

Le cause? Per lo più annegamenti, ma anche scontri con treni in corsa, cadute da scogliere o altri luoghi elevati, attacchi da parte di animali, colpi di arma da fuoco e, come nel recente caso italiano, incidenti stradali. I numeri reali sono molto probabilmente superiori, dal momento che gran parte di questi casi sono registrati come disgrazie o fatalità, magari aggravate dall’imprudenza, ma senza riferimento esplicito a ciò che aveva condotto la vittima in una situazione così pericolosa.

Gli episodi documentati a livello globale, per quanto in termini assoluti non rappresentino cifre clamorose, sono tuttavia in netto aumento. Il passaggio dai 3 casi del 2011 ai 93 del 2017 potrebbe rispecchiare l’avanzata, tra i più giovani, di social network in cui prevale la componente visiva, come Instagram, e la moda delle «challenge», sfide online in cui si emulano a catena imprese sciocche o pericolose.

Come porre rimedio? In alcune aree particolarmente a rischio, per esempio strade strette e scoscese, sono state istituite delle zone in cui i selfie sono esplicitamente proibiti, mentre all’estero sono partite iniziative di sensibilizzazione, come Selfietodiefor.org. In fondo, basta pensarci.

Data di aggiornamento: 13 Agosto 2019
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