Oltre la buccia di castagna
Ottobre è il mese delle castagne, un frutto il cui aspetto esterno parla di due tempi: la buccia spinosa che lo difende nei mesi di preparazione e il frutto dolcissimo, che va ben cotto su fuoco vivace. Mi ricorda la liturgia: esternamente rivestita di una buccia rugosa, ma, se gustata con calma e a tempo giusto, si fa dolcissima. Non la lasci più, perché diventa vitale. Ti nutre. Ti plasma. È proprio questa, in sintesi pittorica, la bellezza della Lettera pastorale di papa Francesco, scritta per «una formazione piena della liturgia nel cammino del popolo di Dio», emessa il 29 giugno scorso. Si intitola Desiderio desideravi, un’espressione empatica che giunge direttamente dal cuore innamorato di Gesù, quando ci dice, con dolore: «Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum, antequam patiar», cioè «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione». È san Luca che la registra (22,15) e, guarda un po’, la festa di san Luca è posta proprio a metà di questo mese. Luca è un evangelista che scava nel cuore appassionato del Salvatore. Ne studia i sentimenti e le sensazioni. Sa cogliere il cuore ardente di Gesù, che desidera passare con noi, chiamandoci per nome, la sua ultima Pasqua prima di essere ucciso. Una cena nostalgica, che chiede una regia incantata, per essere adeguatamente celebrata.
Il Papa utilizza l’espressione lucana per dirci quanto dolce sia la liturgia, se vissuta con il cuore del Cristo. Perché così è stata pensata da Lui: non un freddo rito esterno, un gesto scontato. Ma il bacio finale di una vita donata, celebrato in un contesto di struggente mestizia. Perché dietro la buccia dell’apparato, senti che vibra la dolcezza del Maestro. Ne percepiamo il cuore, che tutto ha donato per noi! Certo, la liturgia non è sempre così, talvolta è frettolosa, superficiale. E non mancano i momenti di pesantezza, se al celebrante manca l’ars celebrandi che trasforma i segni in bellezza e la ruvida buccia in fragranza. Ma la forza profetica del documento di papa Francesco è immensa. Nella nostra diocesi lo abbiamo scelto come guida per questo anno pastorale, creando un evento specifico: «Celebrare il mistero, custoditi da Maria, per una liturgia partecipata, attrattiva e ancorata alla vita, in una Chiesa sinodale (10-12 ottobre)».
Allora, in quell’espressione di attrattività, la liturgia gioca tutto: perché ogni celebrazione attrae, in quanto luogo dell’incontro con il Cristo Risorto, dono del suo corpo. Se ne coglieremo la bellezza, ogni volta sarà nuova. Anche i lontani saranno attratti dalla forza di un simbolismo ritrovato, quasi buccia esterna: «Pane, vino, olio, acqua, profumo, fuoco, cenere, pietra, stoffa, colori, corpo, parole, suoni, silenzio, gesti, spazio, movimento, azione, ordine, tempo, luce. Cioè, tutta la creazione è manifestazione dell’amore di Dio!» (n. 42), segno della bellezza della celebrazione cristiana. Allora lo stupore davanti al Mistero sarà rafforzato, poiché solo nell’incontro liturgico «ogni uomo diventa pienamente uomo, cioè persona aperta a una relazione piena con Dio, con il Creato e con i fratelli». (n. 33) Sullo sfondo, le tante suore uccise in questi mesi, in terra di missione. Martiri eroiche, poiché hanno fondato sulla celebrazione liturgica la loro forza. Eco di quello che già diceva sant’Ignazio di Antiochia, santo celebrato proprio il 17 di questo mese di ottobre: «Pane di Dio sia per me la carne del Figlio di Davide; bevanda di salvezza, il sangue di Cristo Gesù, amore inesauribile». Ed è con questa forza celebrata che affrontò le belve inferocite, nel Colosseo di Roma, oltre la buccia di castagna, nella «dolcezza di un abbraccio con Colui che è morto e risorto per me!».
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