28 Febbraio 2021

Osare l’impossibile

Perché le meraviglie della novità di Dio possano irrompere nella nostra storia, a volte bisogna credere nell’impossibile.
Osare l’impossibile

© JeSuisLAutre

Metà mattina. Davanti al distributore automatico di caffè. Ne abbiamo uno anche qui, alla redazione del «Messaggero di sant’Antonio», tra un ufficio e l’altro, snodo strategico per informazioni e incontri, versione moderna e tecnologica della fontana del paese. Questa volta ci sono solo io. All’inizio, poi purtroppo qualche collaboratrice è nel frattempo giunta, diventando così testimone del fattaccio, che vado in men che non si dica a raccontare nel suo nudo e crudo svolgimento…

Mi approccio a quel surrogato di bar anonimo e impersonale e «ordino» un caffè. Che significa, meno poeticamente, estrarre dalla tasca la chiavetta precaricata e infilarla nella fessura apposita. Verificata la disponibilità economica sufficiente a fare l’ordinazione, seleziono sul display luminoso il tipo di bevanda. E il gioco è fatto. Qualche secondo e il distributore partorirà un bicchiere di plastica, bollente in mano, con un liquido del colore della bevanda preferita. Di solito funziona. Sennonché questa volta sembra rifiutarsi di esaudire il mio ordine. Estraggo la chiavetta e la rimetto dentro: vuoi mai, magari non l’avevo infilata correttamente. Niente da fare.

Provo e riprovo più volte, soffio scaramanticamente sulla chiavetta, pulisco con un dito l’entrata della fessura, ma col medesimo risultato negativo. Sono sicuro di averla ricaricata pochi giorni fa, per cui non ha motivo di rifiutarsi di darmi il dovuto. A questo punto, quasi per caso l’occhio mi cade sugli sguardi delle altre persone lì presenti: attoniti e per lo meno dubbiosi. E ci credo: stavo cercando di procurarmi un caffè usando… la chiavetta usb del computer! È pur vero che le persone non sono intelligenti a tempo pieno, e neanch’io. E che chiavetta del caffè e del computer erano grandi uguali e per giunta entrambe rosse.

Ma qui c’è di che abbondantemente preoccuparsi, ho subito pensato.
Ma, in realtà, mi è venuto in mente anche un episodio francescano. Dove si racconta di quella volta che san Francesco accolse due giovani postulanti, all’eremo di Montecasale. Desiderando metterli alla prova, propose a entrambi di piantare, seduta stante, nell’orto dei frati un paio di cavoli. Sì, ma a radici in su!

Uno dei due aspiranti alla vita francescana, probabilmente anche esperto ortolano, si rifiutò di compiere un gesto così assurdo e irrazionale, senza senso e letteralmente improduttivo. Quell’altro, invece, eseguì l’ordine senza fiatare: davanti a lui c’era ora un bel e improbabile cavolo a testa in giù, con le foglie sottoterra e le radici tese verso il cielo! San Francesco accolse quest’ultimo, e rimandò serenamente a casa sua il primo. Non mi sembra che c’entri più di tanto l’obbedienza cieca: è che per stare con Francesco bisognava, come lui, credere possibile l’impossibile, essere disponibili a vedere ciò che ancora non si vede, osare incamminarsi su strade mai percorse prima.

Come dire? Di uno che è convinto che i cavoli si possano piantare solo e unicamente come fino ad adesso si è sempre fatto, e cioè con le radici sprofondate nella terra, di uno così incapace di immaginarsi l’inimmaginabile, Francesco non sapeva che farsene. Meglio, molto meglio, chi sfida buon senso e calendario di frateindovino, tradizioni e consuetudini secolari, scherno e sarcasmo, ed è disponibile a che possa avvenire «altro»: di meraviglioso, miracoloso, imprevedibile, inatteso! Perché no? La novità di Dio ha bisogno di questi scarti, di questi deragliamenti, per poter irrompere nella nostra storia. Ok, forse me la sono suonata e cantata per essere un po’ più presentabile. Ma ora riprovo alla macchinetta del caffè.

 

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Data di aggiornamento: 28 Febbraio 2021
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