Padri & figli
Avere un figlio, crescerlo per sei anni e poi scoprire che non è il tuo e che quello vero è stato affidato per errore a un’altra coppia. L’ospedale è disposto a un risarcimento e suggerisce di sistemare subito le cose attraverso uno scambio (in base al test del Dna) con il consenso di tutti e quattro i genitori. Che cosa accadrà? Sarà possibile organizzare e tollerare una separazione così brutale e dolorosa? I due bambini vivono in contesti sociali molto diversi, per cultura e censo, e percepiscono con disorientamento, timore e curiosità i primi weekend di prova passati con estranei.
Ancora più struggenti sono i vissuti dei papà e delle mamme: senso di colpa, malinconia, aggressività, tattiche opportunistiche, paura, accuse reciproche. Nel film Father and son (Padre e figlio) (Giappone 2013) il racconto si illumina di colpi di scena e dissemina rivelazioni lungo un cammino di trasformazione che riguarderà tutti, piccoli e grandi. Avvenimenti secondari aprono un vertiginoso gioco di specchi, producendo fraintendimenti che oscillano tra il penoso e il comico. Una sorte impietosa irride le certezze del carrierismo, la superficialità del maschilismo, il conformismo credulone.
Alla fine è tutto un vecchio vocabolario morale che crolla. Il papà povero insegna a quello ricco che il mestiere di genitore richiede il lungo tempo di una vita comune e non solo il bacino della buonanotte. Bisogna tornare bambini, esplorare il mondo con curiosità e speranza e… riparare i giocattoli rotti. Non solo. Conquistare la fiducia di un figlio implica ri-conquistare la propria nascosta identità, elaborando personali delusioni infantili e scommettendo su ciò che i piccoli sanno vedere oltre le maschere caratteriali dei loro presunti educatori.
Ragioni di sangue
Le nuove tecniche riproduttive hanno portato all’attualità i dilemmi legati all’inquietante possibilità che avvenga uno scambio di embrioni in provetta. Il film Father and son di Hirokazu Kore’eda problematizza la prevalenza delle ragioni di «sangue». Una crescita equilibrata non è determinata solo dalle componenti biologico-genetiche e non può essere decisa a priori, in sede giuridica, da imposizioni notarili o da contratti di scambio. Il figlio non è una scelta, un progetto, il frutto di una pianificazione. La responsabilità procreativa ha piuttosto la forma di una promessa, ossia di una decisione in merito al proprio essere genitori. Significa dir di sì alla vita attesa, chiunque nasca e in qualunque condizione venga al mondo. È il figlio che sceglie noi adulti. Aver cura di un figlio equivale, infatti, a farsi condurre «per mano» da lui e rispondere alle sue domande e ai suoi desideri: «Io chi sono? E tu, papà o mamma, chi sei stato e chi vuoi essere per me?».
La coppia che vive il tempo di gravidanza, fantasticando sulla personalità del nascituro, si sta esercitando a sentire come proprio ogni bambino del mondo, si sta preparando nell’immaginazione a una specie di adozione imprevedibile. Noi, infatti, non «possediamo» i figli, li attendiamo, accogliamo e ospitiamo come partner graditi e sorprendenti, che «possiedono» noi e rivendicano un rivoluzionario diritto di libertà. Il figlio ha il diritto di metterci alla prova, di verificare sensibilmente (sin dal latte che gli viene dato e dalle coperte che lo riscaldano) la qualità del nostro essere genitori. Anch’egli, fin da piccolo, si prepara ad adottarci come genitori, a considerarci testimoni unici, ma non esaurienti, non perfetti, non compiuti, di una dedizione infinita che egli desidera incontrare, curiosando nei gesti e nei volti di altri papà, di altre mamme, di altri bambini che potevano essergli fratelli o sorelle.
Il film di Kore’eda (classe 1962) parla anche del cinema, come pratica di un’educazione «familiare», in cui si stabilisce un’alleanza tra regista e spettatori e accadono cose impreviste grazie all’adozione reciproca, alla promessa di cura che l’autore implicitamente ci rivolge, invitandoci a entrare nel suo mondo, a identificarci con personaggi e ambienti, che ci sorprendono e che pure ci sembrano già noti.
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