Perdonare l’imperdonabile
«Carissimi Edoardo e Chiara, è passato quasi un anno da quando mio marito, dopo quasi trent’anni di matrimonio, mi ha lasciata per un’altra donna. Il problema è che non riesco a farmi una ragione di come abbia potuto farmi questo dopo una vita passata insieme. A mio parere la nostra è stata una bella relazione, piena di amici, viaggi e condivisioni profonde nella fede. Inoltre abbiamo tre splendide figlie, ormai grandi, che continuano a darci moltissime soddisfazioni. Però, a oggi, tutto questo non mi appare più come qualcosa di bello, ma come una fonte di dolore per una vita che non potrò più riavere indietro. Sento di essere stata ingannata dalla persona che amavo, perché evidentemente lui non ha vissuto quello che ho vissuto io. Il mio umore oscilla tra stati depressivi in cui mi sento uno scarto, qualcosa che non è stato abbastanza buono per lui, e momenti di fortissima rabbia in cui lo vedo come un mostro senza cuore che non ha esitato a prendere la via più facile, tradendomi con una donna più giovane e venendo meno al nostro amore. So bene che non potete avere le parole magiche che curino il mio cuore ferito, ma lo stesso vi chiedo di indicarmi una strada possibile da percorrere per uscire da quest’incubo».
Anonima
Carissima lettrice, accompagnando molte situazioni simili alla tua, intuiamo quanto vasta sia la lacerazione del tuo cuore. In questi casi la mente continua a vagare cercando un perché alla morte del proprio legame; gira a vuoto e non trova un ancoraggio definitivo che metta pace ai propri tormenti. Tuo marito ha compiuto uno dei tradimenti che più feriscono in assoluto: il tradimento del desiderio condiviso, il tradimento della parola data. Il vostro matrimonio era abitato da un desiderio di cura del vostro amore, la relazione che vi univa era mezzo e fine condiviso di una promessa che si compiva nel tendere alla sua pienezza. Con la sua scelta di porre fine alla vostra storia per iniziarne un’altra, tuo marito ha trasformato le sue parole d’impegno sul vostro legame, pronunciate il giorno del matrimonio, in uno spergiuro. Come una volta mi aveva detto una paziente nella tua stessa situazione «quello che mi addolora di più è che mi ha rubato il futuro». Il tradimento di tuo marito ha cambiato, in te, il colore ai ricordi del passato e ha scippato la speranza di un futuro ancora condiviso e sereno. Lo smarrimento che ci racconti è figlio di questo specchio che si è rotto e non è più possibile ricomporre. La vita spesso ha le sue tortuosità che ci ricordano che quello che abbiamo oggi non è scontato domani.
Carissima, la strada che vorremmo umilmente indicarti passa attraverso il gesto più radicale d’amore che si possa compiere: perdonare l’imperdonabile. In un suo testo sul perdono Jacques Derrida scrive: «Il perdono prende senso […] trova la sua possibilità di perdono solo laddove esso è chiamato a fare l’im-possibile e a perdonare l’imperdonabile. […] il perdono, se ce n’è, deve e può perdonare solo l’imperdonabile, l’inespiabile e quindi fare l’impossibile. Perdonare il perdonabile, il veniale, lo scusabile, ciò che si può sempre perdonare, non è perdonare». La strada del perdono è una strada liberante, che può permettere di alleggerirti dei dolorosi fardelli del tradimento della promessa. Gesù in Matteo 5,46 ci dice: «Se voi amate soltanto quelli che vi amano, che merito ne avete? Anche i malvagi si comportano così». Perdonare è un dono altamente antimeritocratico.
Il perdono però non è l’elargizione fatta da un essere moralmente superiore, questo sarebbe solo un atto narcisistico. Non è possibile perdonare veramente se prima non ci si è sentiti perdonati. Tutti abbiamo bisogno di essere perdonati per le volte che non abbiamo amato. Quante volte per paura, per egoismo o per limite anche tu non avrai saputo donarti al tuo prossimo. Scruta nel tuo cuore e vedrai che, come tutti noi, anche tu hai già tradito. Magari non nel modo eclatante e irreversibile di tuo marito, ma in ogni gesto di affetto mancato, ogni volta che hai pensato prima a te che all’altro. Contatta quella parte fragile di te che nella tua storia ti ha portata a venir meno al tuo desiderio di donarti, non giudicarla, non confrontarla con nessuno, semplicemente prendi atto che esiste, che non sei tutta buona, così come non sei tutta cattiva.
Prendi contatto con le tue macerie interiori e sosta in esse. Poi chiama Cristo ad abitarle con te. Il suo non è uno sguardo che giudica, è uno sguardo che accoglie, che ti ama proprio a partire da quella fallibilità di cui anche tu sei portatrice. Il Padre ti ama proprio nei tuoi peccati, nelle tue debolezze, nei tuoi egoismi. Come ci ricorda san Paolo, Cristo è morto per amore nostro mentre eravamo ancora peccatori. Se riuscirai a cogliere quanto sei da Lui amata e perdonata anche nelle tue sozzure, allora sarai pronta anche tu a perdonare tuo marito per le sue inconsistenze, per le sue debolezze, per il suo spergiuro. Tuo marito che ti ha tradita e ti ha lasciata per un’altra donna può essere perdonato da te, non perché se lo merita, né perché tu sei buona, ma perché così come anche tu sei amata nei tuoi limiti e mancanze interiori, anche lui lo può essere. Questa è una strada di liberazione, per ricominciare nuovamente a vivere.
Edoardo e Chiara Vian
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