Quel Bambino che ci sorride
«Oggi alla Vergine Maria Dio ha dato il sorriso, perché da lei è nato il nostro sorriso. “Io vi annunzio una grande gioia” (cf. Lc 2,10) perché è nato il sorriso, perché è nato Cristo». (Sant’Antonio, Natale del Signore)
Non hanno neanche due mesi e già ti sorridono. Forse imitano gli adulti, forse è l’innato bisogno di compiacere, forse è la rivincita della natura sulla seriosità o forse qualcos’altro che ignoriamo. Fatto sta che il sorriso da subito fa parte integrante di una comunicazione vitale (così come le lacrime, d’altra parte, e i bambini riescono a piangere e a ridere insieme, mischiando senza vergogna sensazioni ed espressioni di piacere e di frustrazione).
I piccoli sorridevano certo anche al tempo di sant’Antonio, e chissà che sorriso gli rivolse quel Bambino che gli apparve a Camposampiero! Anche se erano tempi in cui era scarsa la voglia di ridere e di sorridere. Erano pochi, infatti, i bambini che sopravvivevano alle malattie, alla cattiva alimentazione e a tutte le avversità che colpivano masse di poveri. E, poi, c’era la condizione problematica di tante donne che il Santo incontrava nel suo ministero, spesso vittime di rapporti sociali e familiari fatti di prevaricazioni e con poca vocazione a sentirsi «madri del sorriso».
Eppure sant’Antonio ha visto, e lo vediamo tutti noi, come nessun bambino rinunci a sorridere appena ne sia capace; e in quel sorridere, puro e un po’ enigmatico, si intravede una promessa, un segreto, una sfida.
Il bambino ti sorride finché lo guardi negli occhi in una relazione diretta e attenta; un sorriso che ti costringe a fermarti, a non allontanartene bruscamente, ma quasi chiedendo permesso e scusa. E ti sorprende sempre, perché reca immancabilmente un «buon annuncio». Sant’Antonio nel giorno di Natale esclama: «È nato il sorriso, è nato Cristo!», ben di più di un neonato sorridente, perché è lo stesso sorriso di Dio a farsi bambino, e questo fa del nostro Dio il Padre di ogni sorriso.
Ne è impressionato Charles Péguy che in una poesia esclama: «Quello sguardo franco, quello sguardo insostenibile a vedersi e che sostiene tutti gli sguardi». Un sorriso che è provocazione, che attiva o risveglia energie: «Tutto quello che si fa, lo si fa per i bambini. (...) Come se ci prendessero per mano» diceva ancora Péguy, ricordandoci il Vangelo: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Un ingaggio nella serietà e nella speranza dunque. Speranza, soprattutto, perché un sorriso non può ingannare (e non sopporta inganni!).
Qualcuno dei lettori ricorda il film di Ermanno Olmi L’albero degli zoccoli? Una storia di poveri mezzadri bergamaschi di un secolo e mezzo fa. «Insomma, un’altra bocca da sfamare», esclama papà Batistì rivolto alla moglie che ha partorito il terzo figlio. «Ma no – risponde lei – non dovete preoccuparvi. Va rigurdì cusa va disìa la pora òsta màma (vi ricordate cosa vi diceva vostra madre)? Quando viene al mondo un bel bambino, la Provvidenza gli dà il suo fagottino!». Per sé e per noi. E il suo sorriso è allora l’evidenza di un dono arrivato.
A dispetto di tutto, un bel fagottino/dono ce l’aveva per noi anche Lorenzo che, alla nascita, sei anni fa, pesava mezzo chilo, ma voleva vivere. Ha iniziato quest’anno la scuola elementare e la sua vita è un miracolo di cui, ancora tanti, ringraziano stupiti, perché è davvero anche lui il segno che Dio ama preferibilmente sorridere. Da Lorenzo e da tanti altri «sorrisi di Dio»: Buon Natale!