Ragazzi in uscita dal nido
I ragazzi e le ragazze dai 12 anni in poi hanno un desiderio incontenibile: schiodarsi dall’infanzia, liberarsi dalla protezione e dal controllo materno, allontanarsi dal nido infantile. Non si tratta di comportamenti discrezionali ma della natura stessa dell’adolescenza, un’età in cui i figli cercano di fare esperienze autonome, sfidando spesso i loro limiti. A volte diventano provocatori verso i genitori, visti sempre più come un impedimento piuttosto che come una risorsa.
Racconta Samuel, 14 anni: «Mentre giocavo al pc, mia mamma è arrivata a sgridarmi perché io, nonostante fossi in castigo, giocavo lo stesso. Lei continuava a parlare, ma tanto io non l’ascoltavo. Finita la predica, ho continuato a giocare. Lei è andata avanti così per tutto il giorno». La mamma che insegue l’adolescente alla disperata ricerca di ascolto e dialogo diventa una figura patetica, che segnala tutta la sua fragilità. Quella che insiste e continua a chiamare il sedicenne «amore», «tesoro» rischia di essere respinta senza mezzi termini. Molte mamme si sentono abbandonate dai figli adolescenti che hanno, fortunatamente, lo sguardo sempre più altrove.
Mi scrive Monica: «Buongiorno, ho un figlio maschio di 15 anni e mezzo che non riesco più a gestire. Passa tutto il tempo in camera sua o fuori con gli amici, in casa non aiuta, l’anno scorso si è fatto bocciare al primo anno di superiori perché non ha aperto un libro in tutto l’anno, nonostante i miei sforzi per aiutarlo e cercare di capirlo. Quest’anno ha appena la sufficienza. Il sabato e la domenica dorme fino a mezzogiorno e, se cerco di costringerlo ad alzarsi, a riordinare la camera, mi si rivolta contro sia a parole che in modo manesco. Ormai fisicamente è uguale a me e giuro che le ho provate tutte sia col dialogo che con i castighi, ma non ottengo nulla».
Mi sorprende sempre la disarmante naturalezza della mamma che non vuole cambiare registro, che continua imperterrita con la stessa modalità di quando erano piccoli. Se è sentita dai figli adolescenti come un problema, come un peso, appare piuttosto originale la pretesa che «il problema» possa diventare la soluzione. Occorre altro. È il tempo del padre, o comunque del paterno, nel caso in cui il padre proprio non ci sia. Smettere di trattarli come bambini, sospendere ogni sorta di smanceria, consente di mettere la giusta distanza e mantenere un’adeguata dimensione educativa. Tirar fuori il padre dalla naftalina e aiutarlo a gestire i figli già grandi crea quel sano gioco di squadra così importante e decisivo per superare indenni le turbolenze di un’età bellissima e inquieta.