27 Giugno 2016

Amoris laetitia: l'amore al centro

Prosegue il nostro cammino di approfondimento e riflessione attorno all'esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia di papa Francesco
mamma papà e tre figli nella cucina della loro casa

L' amore – sintetizza il Papa nell'Amoris laetitia – può mostrare tutta la sua fecondità quando ci permette di sperimentare la felicità del dare, la nobiltà e la grandezza del donarsi senza misurare.

Papa Francesco ha posto un sottotitolo alla sua Esortazione apostolica Amoris laetitia: Esortazione apostolica sull’amore nella famiglia.

Egli stesso ha definito poi come centrali i capitoli IV («L’amore nel matrimonio») e V («L’amore che diventa fecondo») (cfr. AL, n. 6), non solo in senso geografico, ma per il loro contenuto. Infatti non si può esprimere – dice il papa – «il vangelo del matrimonio e della famiglia se non ci soffermiamo in modo specifico a parlare dell’amore. Perché non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare» (AL, n. 89).

Ci potremmo domandare perché il Papa segua questa pista. E la risposta più naturale potrebbe essere che egli non poteva fare diversamente, perché in fondo l’amore è proprio al centro del messaggio cristiano. Eppure sia la domanda che la risposta non sono così scontate come si potrebbe pensare.

È vero infatti che l’amore è al centro del messaggio evangelico così come lo è del costume e della cultura odierna, al punto che forse non c’è nulla che ci coinvolga, ci condizioni e dia senso ai nostri giorni, come il vissuto amoroso. È altrettanto vero, nota il Papa, che «la parola “amore”, tuttavia, che è una delle più utilizzate, molte volte appare sfigurata» (AL 89). Anche Benedetto XVI nella sua prima enciclica Deus caritas est aveva scritto: «Il termine “amore” è oggi diventato una delle parole più usate ed anche abusate, alla quale annettiamo accezioni del tutto differenti» (n 2).

Usualmente, attribuiamo infatti significati molto diversi, per non dire contraddittori, alla parola «amore». La usiamo per riferirci al più nobile dei sacrifici, ossia quando un uomo e una donna sanno mantenersi fedeli al proprio dovere o presenti ai proprio cari, fino al punto di donarsi per loro con tutto se stessi. Ma la usiamo anche per riferirci all'atto vile del marito che abbandona la sua sposa e i suoi figli per un’altra donna, e si commenta con facilità: «Lo ha fatto per amore». Così anche un terrorista può arrivare a dire la stessa cosa, mentre compie un gesto che è all’ennesima potenza uno tra i più esecrabili e distruttivi.

Altro aspetto da rilevare è che oggi chiunque parli del matrimonio penserà che è naturale affermare che i nubendi si sposino per amore. Eppure per quanto affermazioni come: «L’amore è il fondamento del matrimonio», «Ci si sposa per amore» e «un rapporto va in crisi se non c’è amore» sembrino oggi scontate sia nel linguaggio, come nel costume relazionale odierno, non abbiamo idea di come tali assunti non siano stati per niente un dato altrettanto ovvio nei secoli passati.

Certo l’amore è sempre stato parte delle vicende relazionali di coppia… ma la nozione di amore così come noi oggi la comprendiamo, compare diciamo solo nel XII secolo, ed è solo in tempi moderni che fa capolino nel matrimonio o tra le mura di casa e condiziona in modo così invasivo le relazioni familiari.

Stiamo parlando qui dell’amore come desiderio erotico, dell’amore come passione. Un tale amore infatti ha sempre attratto, ma ha pure suscitato timore e tremore. L’amore era infatti paragonato a un «demone», che scompiglia la vita, che crea disordine nelle cose e disarmonizza le relazioni. Una figura ambigua secondo Platone che ne tratteggia le mitiche origini: «Poiché Eros è figlio di Poros e di Penìa, si trova nella tale condizione: innanzitutto è sempre povero, e tutt'altro che bello e delicato come dicono i più; al contrario è rude, sempre a piedi nudi, vagabondo, [...] perché ha la natura della madre ed è legato al bisogno. D'altro canto, come suo padre, cerca sempre ciò che è bello e buono, è virile, audace, risoluto, gran cacciatore [...]; è amico della sapienza ed è ricco di trucchi, e così si dedica alla filosofia nell'arco di tutta la sua vita» (Platone, Simposio, XXIII)

L’amore così inteso è quindi sempre stato visto come poco compatibile con la cura dei figli, la durata della relazione, la stabilità del matrimonio, della famiglia e dell’ordine sociale. E dunque non ha mai goduto di grande credito nei secoli passati. Anzi, come osserva uno studioso, il matrimonio con le sue leggi e il suo carattere istituzionale, si è per lo più opposto all’amore come passione, innamoramento, desiderio, estasi e abbandono. Esso è stato cercato allora – e si è voluto a volte legittimare – fuori dal matrimonio, per quanto anche qui non abbia trovato esiti molto felici. Basterebbe ricordare le vicende di alcuni protagonisti della scena epica e letteraria come Giulietta e Romeo, Tristano e Isotta o – più di recente – Madame Bovary o Anna Karenina.

Il fatto è che ai fini del matrimonio e della famiglia l’amore erotico e passionale non serviva. Non c’era bisogno di questo amore: dai matrimoni combinati a quelli conclusi per ragioni o interessi economici o di rango o per scopi diplomatici e politici ecc… altri erano i motivi che guidavano al matrimonio.

È stata la prospettiva romantica a capovolgere le cose e introdurre la percezione netta di un cambiamento epocale nel modo di comprendere le relazioni d’amore: «Ciò che gli uomini non sanno capire è che il matrimonio senza amore non è matrimonio; che il matrimonio è vero soltanto quando è consacrato dall’amore», afferma una protagonista de La sonata a Kreutzer, romanzo di Lev. N. Tolstoj, pubblicato nel 1889.

Noi veniamo dalla stagione romantica, siamo entrati poi nella modernità, ma siamo ancor oggi pienamente immersi in questa mentalità.

Senonchè ora anche la fase romantica è in dissoluzione. Siamo entrati nel post-moderno. Nel tempo dell’amore liquido. L’amore si cerca, si persegue con tenacia, si desidera in tutti i modi, al punto che il matrimonio comincia a essere qualcosa di periferico in questa tensione all’amore. Tutta l’attenzione delle persone e dell’opinione pubblica verte sul conflitto di coppia, cioè sul difficile accordo dei sessi, sulla compatibilità di carattere o di genere. Gli studi fanno notare che dietro la parola «amore» ci sta in realtà la ricerca di vantaggi e svantaggi, gelosia, violenza e controllo del partner espresso in tanti meccanismi occulti.

Tutto ciò porta a una instabilità del rapporto di coppia. L’amore non ha più una funzione precisa e pre-stabilita, cioè di inserire la coppia con il matrimonio in un sistema sociale e giuridico riconosciuto. Ha una funzione solo privata o, come si usa dire, legata al proprio desiderio di felicità e di autorealizzazione. È unione di due cuori, una questione che riguarda esclusivamente due individui o due persone singole, completamente autocentrate e protese a perseguire fini individuali, in cui la società è lasciata fuori.

Ma l’amore, checché se ne dica, rimane comunque un sentimento complesso, un «demone» appunto che, come dicevano i filosofi greci, si pone a metà strada tra ciò che è divino e ciò che è umano e lascia l’uomo in uno stato di scontento e inquietudine. Suscita tante attese e idealizzazioni. Nella coppia amorosa l’amore vorrebbe ottenere insieme: intesa, complicità, passione, sicurezza, equilibrio, piacere, parità, trasparenza, fedeltà, spontaneità, erotismo… ma è mai possibile aspettarsi così tanto dal sentimento amoroso?

L’amore è certo passione che attira e promette, ma è al contempo realtà che intimorisce e delude. E nella situazione attuale c’è molta ambiguità. L’amore, inteso sempre di più come passione, nel senso emotivo-sentimentale, deve far palpitare il cuore, far sognare gli amanti fino a farli volare in alto come gli amanti dipinti dal Chagall. Ma senza aver maturato un adeguato senso del pudore un tale amore è come se volesse volar senza le ali. Infatti, «senza il pudore – scrive il Papa -, possiamo ridurre l’affetto e la sessualità a ossessioni che ci concentrano solo sulla genitalità, su morbosità che deformano la nostra capacità di amare e su diverse forme di violenza sessuale che ci portano ad essere trattati in modo inumano o a danneggiare gli altri» (AL, n. 282). E se si pensa a certi di fatti di cronaca – ad esempio i recenti femminicidi – ci rendiamo ben conto dell’importanza di una ritrovata educazione degli adolescenti e dei giovani al senso del pudore come conoscenza del proprio corpo, dei propri sentimenti, delle emozioni, delle pulsioni e passioni… in vista di un controllo e di un rispetto di sé e dell’altro, che stanno alla base del saper amare maturo.

Sta di fatto che oggi, quando si dice che due persone «si sposano per amore», s’intende per lo più non tanto che si sposano in vista di un bene sociale, istituzionale o per mettere al mondo dei figli, ma soprattutto per la gestione dei sentimenti, per garantirsi un partner o per vincere la propria solitudine. Bene, al riguardo afferma il Papa: «Si teme la solitudine, si desidera uno spazio di protezione e di fedeltà, ma nello stesso tempo cresce il timore di essere catturati da una relazione che possa rimandare il soddisfacimento delle aspirazioni personali» (AL n. 34).

È questo che intende il sociologo Bauman quando parla dell’«amore liquido» che fonda un «matrimonio narcisista». Siamo oltre il «matrimonio tradizionale», ma anche oltre il «matrimonio romantico» e quello «di convenienza» o «consumistico». Ci si sposa – se ci si sposa, perché a questo punto il matrimonio serve a poco: «se ci amiamo, perché sposarsi?» dicono molti giovani oggi – solo per rispecchiare il proprio io nell’altro!

Allora qui si capisce il valore dirompente e il contributo che ci viene da Amoris laetitia. E il senso del suo puntare e centrarsi sull’amore, evangelicamente inteso.

Da una parte il Papa, facendo un po’ di autocritica, nota come nella tradizione teologica della Chiesa si sia giustificato il senso del matrimonio evidenziandone la finalità procreativa più che il fine amoroso degli sposi. Egli scrive: «Spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione»( AL, n. 36).

D’altra parte, egli illustra la profondità dell’amore coniugale, commentando nel quarto capitolo, parola per parola, l’inno alla carità della prima lettera ai Corinzi cap. 13, non il Cantico dei cantici, il libro erotico per eccellenza della Bibbia. Ed è già questo un messaggio chiaro. L’eros coniugale, per custodire la sua letizia e la sua benedizione, deve imparare l’arte d’amare, deve essere un amore artigianale, che apprende da Dio la sapienza dell’agape (cfr AL, n. 221). Per questo nell’Esortazione ci si attarda a commentare le varie qualità che l’Apostolo attribuisce all’amore rivelato in Gesù Cristo. Si vuol così comunicare come sia un compito tanto affascinante quanto arduo oggi per la coppia imparare ad amare in modo maturo. Un amore vero necessita di qualità (dialogo, rispetto, benevolenza, fedeltà, accettazione, pazienza, perdono, intesa, condivisione…) che sappiano trasformare ogni giorno una vicenda d’amore, il matrimonio, in un’esperienza positiva e rendere la propria relazione felice e capace di durare nel tempo.

Amore è, infatti, tutto ciò che fa il quotidiano di una relazione d’amore ed è qualcosa che va di là del semplice o effimero erotismo o del puro sentimento o del desiderio attrattivo verso l’altro. C’è quindi in Amoris laetitia una provocazione, antica e sempre nuova, a un’altra visione dell’amore, per certi aspetti alternativa o, per lo meno, differente da quella che ci è propinata dalla cultura odierna. Una prospettiva tutta da ritrovare e riproporre nella sua profondità e da coniugare poi con la scelta del matrimonio, a sua volta usurato nel suo senso istituzionale. «Il matrimonio come istituzione sociale è protezione e strumento per l’impegno reciproco, per la maturazione dell’amore, perché la decisione per l’altro cresca in solidità, concretezza e profondità, e al tempo stesso perché possa compiere la sua missione nella società» (AL, n. 131).

Papa Francesco però, attenzione, non solo non demonizza l’eros come passione, ma lo riprende e si riallaccia all’insegnamento di san Tommaso evidenziando il ruolo che anche le passiones, le passioni, le emozioni, l’eros, la sessualità hanno nella vita matrimoniale e familiare. Un ruolo per tanto tempo declassato nella tradizione teologica e spirituale cristiana e oggi, viceversa come dicevamo, super-gettonato ed esaltato. «Desideri, sentimenti, emozioni, quello che i classici chiamavano “passioni”, occupano un posto importante nel matrimonio» (AL, n. 143).

Già papa Benedetto XVI aveva notato che nel dibattito filosofico e teologico la distinzione tra eros e agape era stata radicalizzata «fino al punto di porle tra loro in contrapposizione: tipicamente cristiano sarebbe l'amore discendente, oblativo, l'agape appunto; la cultura non cristiana, invece, soprattutto quella greca, sarebbe caratterizzata dall'amore ascendente, bramoso e possessivo, cioè dall'eros» (Deus caritas est, n.7). E quindi, non a caso, papa Francesco rimanda al magistero di Benedetto XVI, che «nell’Enciclica Deus caritas est, ha ripreso il tema della verità dell’amore tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso (cfr 2). (…) Inoltre, nell’Enciclica Caritas in veritate, evidenzia l’importanza dell’amore come principio di vita nella società (cfr 44), luogo in cui s’impara l’esperienza del bene comune» (AL. n. 70).

Citando poi il Concilio Vaticano II per cui il «matrimonio è comunità di vita e di amore» (cfr Gaudium et spes n. 48-49), Amoris laetitia sottolinea che il vero amore «implica la mutua donazione di sé, include e integra la dimensione sessuale e l’affettività, corrispondendo al disegno divino». Inoltre poi, per il sacramento del matrimonio, Cristo Signore «assume l’amore umano, lo purifica, lo porta a pienezza, e dona agli sposi, con il suo Spirito, la capacità di viverlo, pervadendo tutta la loro vita di fede, speranza e carità» (AL 67).

«L' amore – sintetizza il Papa – può mostrare tutta la sua fecondità quando ci permette di sperimentare la felicità del dare, la nobiltà e la grandezza del donarsi in modo sovrabbondante, senza misurare, senza esigere ricompense, per il solo gusto di dare e di servire» (AL n. 94).

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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