In ricordo del collega Ettore Masina
Si è spento a Roma il 28 giugno Ettore Masina, giornalista, «vaticanista», scrittore e politico e, dagli inizi degli Anni Settanta al 1983, invitato da Gino Lubich, firma prestigiosa del «Messaggero di sant’Antonio».
I suoi articoli incisivi, mordenti, di grande apertura religiosa e sociale, hanno fatto da filo conduttore a un periodico che, smessa la divisa di solo «voce del santuario», si apprestava a diventare grande rivista per la famiglia di formazione ad ampio raggio, chiamata a riproporre la verità del Vangelo in chiave antoniana a una società in profonda e confusa trasformazione (sulla fase di rilancio del «Messaggero» vedi questo approfondimento).
Molto attento ai problemi dei poveri di tutto il mondo e tenace nel difenderne i diritti, nel 1964, dopo un viaggio in Palestina al seguito di Paolo VI, di cui era amico, ha fondato con il prete operaio francese Paul Gauthier di Nazareth, la «Rete Radiè Resch», una catena di solidarietà intitolata a una bambina palestinese, morta di stenti nelle grotta dove viveva da rifugiata.
Masina era nato a Breno di Valcamonica, nel 1928. «Inviato» del quotidiano «Il Giorno», ha seguito con entusiasmo il Concilio Vaticano II, avendo colto sino in fondo la forza dirompente dell’evento. In Rai dal 1969 e dal 1976, per il Tg2 di Andrea Barbato ha diretto Gulliver, un settimanale di grande successo. Dal 1983 al 1992 è stato deputato al parlamento, rappresentante del gruppo della Sinistra indipendente nella Commissione esteri e, nella sua seconda legislatura, presidente del Comitato per i diritti umani.
Ha pubblicato saggi su argomenti religiosi, come Il vangelo secondo gli anonimi e Il Dio in ginocchio; libri di viaggio, romanzi e un’intensa e ben documentata biografia dell'Arcivescovo salvadoregno Oscar Romero, L'arcivescovo deve morire, riedita nel 2011 dalla Casa editrice Il Margine di Trento. Nel 1998 l'Archivio Disarmo gli ha assegnato il premio giornalistico «Colomba d'oro per la pace». Lo stesso Premio assegnato al «Messaggero di sant’Antonio» nel 2004.