San Francisco serve gli ultimi

In California decine di giovani volontari collaborano con la St. Anthony’s Padua Dining Room e con la St. Anthony Foundation, che forniscono cibo, abiti e assistenza sanitaria a migliaia di indigenti ed emarginati.
07 Dicembre 2021 | di

Le assonanze e le coincidenze sono sorprendenti. Ancora una volta san Francesco e sant’Antonio si incontrano. Questa volta in California, a 10 mila chilometri da Assisi e dall’Italia. Ma con lo stesso impegno, con la medesima missione: aiutare i più poveri. Siamo nella città di Menlo Park, contea di San Mateo, nella Silicon Valley, dove ha sede Facebook, a due passi dall’Università di Stanford, cuore pulsante della tecnologia e dell’innovazione ma anche di una crescente povertà ed emarginazione sociale che, complice l’epidemia di covid, si sono aggravate in questa parte del «Golden State».

Qui, nella San Francisco Bay Area è attiva da molti anni la St. Anthony’s Padua Dining Room (www.paduadiningroom.com), un’opera della parrocchia di Sant’Antonio. Entrambe appartengono all’arcivescovado cattolico di San Francisco. «Il nostro staff è composto da 8 dipendenti, ma l’aiuto fondamentale arriva dagli oltre 250 volontari – ci spiega Maximiliano Torres, responsabile organizzativo della St. Anthony’s Padua Dining Room –. Molti di loro sono studenti delle scuole superiori e dell’università, ma ci sono anche bambini con le loro famiglie, insieme ad anziani e adulti di varie estrazioni sociali. Con la crisi economica e l’emergenza sanitaria del covid, il loro impegno si è rafforzato. Nel volontariato sono coinvolte anche le scuole superiori locali: Serra, St. Francis, Menlo-Atherton, Sequoia, Woodside, Menlo e Sacred Heart Preparatory oltre alla Comunità cattolica di Stanford, la Valley Presbyterian Church, il Kiwanis Club, e Hands on Bay Area».

Tutti nel nome di sant’Antonio. «Molti dei nostri volontari e ospiti parlano di sant’Antonio come del “Santo dei miracoli”, e si impegnano in suo onore». La St. Anthony’s Padua Dining Room offre ogni giorno, sei giorni su sette, tutto l’anno, pasti caldi e nutrienti a oltre 300 ospiti. «Non chiediamo soldi, non facciamo domande a nessuno e accogliamo tutti senza distinzione – puntualizza Torres –. Analogamente, il nostro centro per la distribuzione di abiti provvede a vestire, secondo le loro esigenze, bambini, donne e uomini. Tutti vengono trattati con dignità, rispetto e spirito di ospitalità».

Nemmeno il coronavirus ha fermato l’attività, nonostante il lockdown e il distanziamento sociale. «Abbiamo adattato il menu e l’organizzazione senza compromettere la qualità e la varietà della nostra offerta e senza mettere a repentaglio la sicurezza degli utenti – sottolinea Torres –. Abbiamo fornito i pasti a chi aveva fame, attraverso una finestra di passaggio protettiva sia per noi che per loro. Grazie alla profilassi vaccinale e al graduale allentamento delle restrizioni nella nostra contea, non vediamo l’ora di riprendere le normali attività e di accogliere nuovamente i nostri ospiti nella sala da pranzo. La pandemia ha cambiato radicalmente il modo in cui viviamo, lavoriamo e serviamo la comunità. Il coronavirus ha colpito tante famiglie in modo diverso. E le più vulnerabili sono state quelle più bisognose, tanto che abbiamo dovuto aumentare la media giornaliera dei pasti serviti poiché un numero crescente di persone non è stato in grado di lavorare, ritrovandosi così con un reddito scarso o nullo».

Ma chi sono i fruitori della St. Anthony’s Padua Dining Room? «Famiglie e persone a basso reddito della Bay Area e senzatetto. Circa il 40 per cento degli utenti sono anziani. E circa il 20 per cento dei nostri ospiti giornalieri sono famiglie con bambini, un dato che aumenta notevolmente per il pasto del sabato e durante l’estate». Nonostante «la California sia diversa da altri luoghi perché è davvero la terra delle opportunità, i poveri sono sempre con noi. Il nostro mondo non è perfetto – conclude Torres –, ma è il luogo in cui viviamo e scegliamo di crescere i nostri figli. Ecco perché ogni giorno cerchiamo di renderlo un posto migliore!».

St. Anthony Foundation

Poco più di settant’anni fa, il frate francescano Alfred Boeddeker intuì quanto fosse vulnerabile la popolazione che viveva in povertà nel quartiere di Tenderloin, nel cuore della città di San Francisco. E di come occorresse venire incontro alle sue necessità primarie. Così il 4 ottobre 1950, giorno della festa di san Francesco, aprì la St. Anthony’s Dining Room. Oggi questa realtà si è sviluppata moltissimo divenendo la St. Anthony Foundation, ma «lo spirito di sant’Antonio è vivo e vegeto – ci dice Nils Behnke a capo della Fondazione –. Siamo ispirati dal suo amore e dalla sua dedizione per coloro che vivono in povertà, e noi stessi ci sforziamo di seguire il suo esempio di compassione per preservare la dignità di tutte le persone. Di recente abbiamo collocato nella Dining Room un dipinto di sant’Antonio insieme a san Francesco e padre Alfred».

I numeri che ci fornisce Cori Brosnahan, che si occupa del marketing e della comunicazione, sono sbalorditivi: «Aiutiamo i senzatetto e chi vive in povertà, disoccupati, veterani, anziani, disabili, persone con disagio mentale o tossicodipendenze, famiglie in difficoltà. La Dining Room serve più di 1.400 pasti ogni giorno. Inoltre procuriamo vestiti, gratuitamente, a 10 mila persone ogni anno fornendo anche assistenza sanitaria. La nostra clinica medica eroga cure primarie e specialistiche a quasi 2.500 pazienti attraverso più di 11 mila visite l’anno. Circa il 70 per cento delle persone in cura vive al di sotto della soglia di povertà federale, e nel 20 per cento dei casi sono bambini. La nostra struttura di recupero residenziale, con 80 posti letto, consente a persone con risorse limitate di superare problemi di dipendenza. Sosteniamo le persone in difficoltà con programmi di reinserimento sociale. Il nostro Technology Lab provvede alla formazione informatica con oltre 1.700 ore di accesso annuale ai computer».

Un impegno considerevole, che investe decine di appassionati volontari. Molti di loro sono giovani e giovanissimi: «Dai bambini che vengono con i genitori ai gruppi scolastici, ai giovani professionisti, ai pensionati – sottolinea Brosnahan –. I volontari sono coinvolti nella preparazione del cibo, nel confezionamento degli alimenti e nella distribuzione dei pasti; oppure provvedono a tenere in ordine e a controllare la qualità degli indumenti, e aiutano gli ospiti a trovare i capi di cui hanno bisogno».

La pandemia di covid ha accentuato le situazioni di disagio sociale e di povertà. E anche la St. Anthony Foundation ha dovuto adeguarsi spostando i servizi all’aperto e servendo pasti da asporto. Ma la solidarietà non si è mai fermata. «La povertà e la mancanza di un tetto sono problemi seri e complessi che non potranno mai essere “risolti” del tutto – conclude Behnke –, ma noi possiamo camminare accanto ai nostri fratelli e sorelle che sperimentano questa condizione. In questo sentiamo davvero di poter contare sulla benedizione e sulla generosità di san Francesco e di sant’Antonio».

 

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Data di aggiornamento: 09 Dicembre 2021
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