Santa Maria… dell’ozio
La solennità di Maria Assunta, che puntuale arriva nel bel mezzo dell’estate, è probabilmente una delle feste più care alla devozione popolare, anche se un po’ troppo vacanzieramente sostituita e confusa con il ben più famoso, ormai, «ferragosto», messa com’è lì al centro delle nostre vacanze. E così, da giornata che celebra la nostra nostalgia del cielo, nostalgia di cui Maria, con la sua assunzione in corpo ed anima, è anticipo e pregustazione per ognuno di noi, è diventata giornata che celebra le nostre gioie terrene, il piacere del tempo libero, il gusto per il mare o per la scampagnata in montagna. Riconosciamo, almeno una volta all’anno, che abbiamo bisogno anche di tutto questo.
È interessante però: è come se fosse stata assurta a solennità il giorno in cui celebriamo l’ozio, il tempo «non lavorativo», il piacere per lo svago più gratuito e (almeno dal punto di vista economico) improduttivo. È solennità il giorno in cui ci concediamo uno spazio di «relazione»: con noi stessi e con il nostro corpo, con gli altri, con la natura, con i «piaceri» (speriamo quelli sani…) della vita. E forse è proprio bello che sia così. Per uno dei tanti paradossi della nostra fede, ancora una volta terra e cielo si sfiorano, corpo e anima si abbracciano. A ricordarci che tutto ciò che è profondamente umano è per ciò stesso autenticamente divino. E viceversa.
E proprio per questo non possiamo ancor più non ricordarci di quanti, nostri fratelli e sorelle, per tanti e seri motivi non sono in vacanza. Se mai ci sono stati… Non perché sono banalmente sfortunati, ma perché anche in questo viene loro negata la dignità della loro umanità.