Sei consigli per trovare lavoro

Da anni si parla di crisi, ma i numeri dicono che il lavoro c’è e ci sarà in futuro. Marino Lizza, fondatore di WeCanJob.it, ci spiega come entrare o ricollocarsi nel mondo del lavoro.
18 Settembre 2019 | di

«In Italia non c’è lavoro», «la laurea è carta straccia», «l’unica via di fuga è l’emigrazione». Quanto di vero c’è in queste frasi, ormai universalmente accettate? In materia di lavoro i dati sono contraddittori. Da un lato siamo il terzo Paese Europeo (su 15) per tasso di disoccupazione e l’ottavo per numero di emigrati nel mondo. Dall’altro il Rapporto Excelsior 2018 (Unioncamere, Anpal) rivela che il 26 per cento delle aziende italiane non riesce a trovare i lavoratori che cerca, mentre a livello europeo già si pronostica che, nel prossimo decennio, mancheranno all’appello 17,5 milioni di lavoratori.

Visto che a quanto pare il lavoro c’è, quali consigli per entrare e possibilmente rimanere nel mondo del lavoro? Ecco i sei punti che Marino Lizza, esperto di economia del lavoro e fondatore del portale di orientamento formazione e lavoro WeCanJob, considera fondamentali.

  1. Nella scelta degli studi meglio il cuore che il cervello. Solo chi ama il proprio lavoro è davvero bravo; chi lo fa unicamente per mestiere non sarà mai all’altezza, ma il mercato del lavoro è implacabile con le mezze cartucce.

  2. Meglio la laurea del diploma. Secondo Almalaurea, il tasso di disoccupazione si abbassa con il crescere dei titoli di studio. Nel 2018, nella fascia tra i 15 e i 74 anni era disoccupato il 5,9 per cento dei laureati, il 10,1 per cento dei diplomati e il 14,2 per cento di chi ha la licenza media. Non solo, chi ha un titolo più alto guadagna di più e si ricolloca più facilmente sul mercato, perché è in grado di reagire meglio ai cambiamenti.

  3. È preferibile entrare o rientrare nel mondo del lavoro al più presto, anche a costo di svolgere un compito non appropriato al percorso di studi. L’esperienza dimostra che è più facile cercare un lavoro avendo un lavoro: si affinano le competenze relazionali, ci si fa conoscere e, soprattutto, dall’interno si può meglio capire «da che parte sta girando il vento».

  4. Occorre una strategia, non è sufficiente inondare il mondo di curriculum. È, invece, importante Individuare quale pezzo manca nella propria formazione o nelle esperienze passate per rendere il curriculum più spendibile. Una lingua? Una certificazione? Una competenza? È fondamentale, insomma, sapere che esiste un ultimo pezzetto, l’ultimo miglio, che è poca fatica rispetto all’intero percorso di studio o di lavoro, ma che può fare la differenza.

  5. Investire nelle relazioni. Non si tratta di cercarsi un «padrino» e farsi raccomandare, ma di costruirsi la cerchia delle relazioni che ti conosce e ti apprezza per quello che sei o che sai fare. Negli Stati Uniti questa è una delle prassi. Quando, per esempio, cercano un manager, chiedono al candidato anche di mettere a disposizione dell’azienda tutta la sua rete di relazioni. Nel nostro piccolo aiuta molto frequentare ambienti come enti di categoria, convegni, network professionali e persino le associazioni degli ex alunni.

  6. Le competenze più richieste dall’attuale mercato. Le lingue, innanzitutto, e non solo l’inglese che dovrebbe essere la lingua base. Le competenze informatiche, a partire dalla conoscenza professionale dei software più comuni: Word, Excel, Access, ma anche una buona capacità di navigazione in internet. Poi le cosiddette competenze trasversali, la più importante delle quali è la capacità di lavorare in team. Seguono le competenze relazionali, che non consistono nell’abilità di fare conversazione, ma in quella di capire i bisogni dell’interlocutore. Poi ce n’è una basilare, che non cambierà mai col variare della tecnologia e dei tempi: l’affidabilità. Poterla dimostrare nei fatti è un grande vantaggio competitivo.

 

Per leggere il servizio nella versione integrale prova la versione digitale del Messaggero di sant’Antonio del mese di settembre 2019.

Data di aggiornamento: 18 Settembre 2019

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