Sulle orme di san Francesco
È un fatto: qualunque mezzo si impieghi per raggiungere la Sardegna, sempre al suo limite esterno, al confine si approda. I quattro aeroporti della regione sono sulla costa, come ovviamente pure i porti che collegano l’isola al resto d’Italia. Già fermarsi sui litorali dà soddisfazione grande, come confermano le frotte di turisti estivi, ma che succede ad avventurarsi al suo interno? Un modo nuovo – e allo stesso tempo antichissimo – per farlo è a passo d’uomo, a piedi, partenza da Cagliari direzione nord, lungo il neonato «Cammino francescano in Sardegna» inaugurato a inizio ottobre, nei giorni della festa di san Francesco, nel contesto dell’evento «Noi camminiamo in Sardegna» organizzato dalla Regione insieme a Terre di Mezzo editore. Si tratta di 111 chilometri che – per ora – si fermano a Laconi (OR) toccando luoghi significativi della storia e della presenza francescana in terra sarda.
«Da quando sono comparse le frecce, posizionate nel corso dell’estate, abbiamo dovuto frenare chi voleva già percorrere il tracciato, per attendere l’inaugurazione ufficiale» spiega fra Fabrizio Congiu, cappuccino classe ’78, anima e animatore del progetto. È lui che, per la speciale occasione, ha voluto guidare il cammino-pellegrinaggio indossando il suo abito francescano, a dispetto delle alte temperature offerte dalla prolungata stagione estiva 2023. Cinque tappe con non pochi chilometri ma scarso dislivello, addirittura nullo attraversando il Campidano di Cagliari, con soste a Uta e Villasor, mentre la strada piacevolmente si increspa con le tappe di Sanluri e di Gesturi, nella sub-regione della Marmilla, ed entrando infine nel Sarcidano con la meta di Laconi.
«Ecco, questa è la vera Sardegna» si lascia sfuggire fra Fabrizio spaziando con lo sguardo sui campi di cardi e di carciofi, in uscita dal borgo di Sanluri. Già, ma qual è la «vera» Sardegna? Non serve essere osservatori particolarmente attenti per percepirsi immersi nell’antico, in una terra sacra che mette soggezione, di pietra e di fuoco che ti marchia. Immobile, immutabile. Sembra «normale» imbattersi nei segni della preistoria, i resti di architetture risalenti a 5-6 mila anni fa. Per via incontriamo un cacciatore. Ci indica poco a est i resti di un villaggio nuragico; sull’altro versante, ancora da scavare, ecco un pozzo sacro; lì, oltre la collina, nascosto, sorge un nuraghe… A riprova, il passaggio da Barumini, con la sua famosa area archeologica «Su Nuraxi» che sorge alle pendici della Giara di Gesturi, l’altopiano dei cavallini sardi e delle domus de janas, le nuragiche case delle streghe, grotte a più vani scavate nella roccia e utilizzate come sepolture. In quante direzioni la curiosità porterebbe!
Ma l’immobilità statica del paesaggio è solo apparente. Camminando, fra Fabrizio sollecita l’attenzione su uno dei tanti cancelli che delimitano i pascoli delle pecore. «Non solo il pastore ci permette di attraversare il pascolo – rivela fra Fabrizio –, ma ha creato lui appositamente per noi questo passaggio, togliendo alcune pietre del muretto a secco di confine. Sono cambiamenti che mi commuovono…». Stessa reazione il francescano la riserva per un tratto apparentemente anonimo, se non fosse che «fino a pochi giorni or sono, qui la carrareccia era completamente ostruita da una discarica abusiva», mentre ora risulta del tutto sgombra e pulita, con solo le tracce dei cingolati sul terreno a segnalare l’intervento. Camminando, sono evidenti, del resto, gli interventi riqualificanti delle amministrazioni comunali: taglio degli arbusti, pulizia del sedime, sistemazione della segnaletica rendono piacevole e sicuro il cammino, quasi tutto su strada sterrata, contribuendo a sentirsi attesi, accolti.
Perché francescano?
Perché il Cagliari-Laconi è cammino francescano? Resta da capirlo, e non è particolare di poco conto… Intanto per il triplice punto di partenza. Cagliari è città francescana fin da subito: i primi confratelli di san Francesco si stabilirono nel capoluogo già nel 1220, vivente il fondatore dell’ordine. Oggi a testimoniare il carisma sono i frati conventuali, i minori e i cappuccini: ciascuno dei loro conventi cagliaritani è punto di partenza del «Cammino francescano in Sardegna». Del resto, dei quattro santi e beati francescani dell’isola, tre sono sepolti proprio in città: mentre il beato Francesco Ziranu (†1603) è venerato a Sassari nella chiesa dei frati conventuali, san Salvatore da Horta (†1567) è custodito nella chiesa di Santa Rosalia officiata dai minori, infine nella chiesa di Sant’Antonio di Padova, dove vive la fraternità dei cappuccini, riposano sant’Ignazio da Laconi (†1781) e il beato Nicola da Gesturi (†1958). Proprio alla vita di questi ultimi due esempi di virtù francescana i 111 chilometri di cammino si ispirano, dal momento che il pellegrino contemporaneo ripercorre al contrario l’itinerario che entrambi compirono.
Fra Ignazio, nativo di Laconi, decise di abbracciare la vocazione francescana recandosi a Cagliari, dove visse come questuante per 40 anni; a inizio Novecento, fra Nicola, nativo di Gesturi, seguiva i medesimi passi diretto verso il convento dei cappuccini – conosciuto come convento «del Buoncammino», guarda un po’ –, dove anch’egli ebbe l’incarico di questuante e si distinse per la sua umiltà tenace, specie negli anni duri della seconda guerra mondiale. Chi parte da Cagliari già può pregare sulla loro tomba, per incontrare poi, qualche tappa più avanti, testimonianze della loro vita nella chiesa di San Francesco di Sanluri, godendo dell’accoglienza della locale fraternità dei frati cappuccini. Tappa successiva, ecco il suggestivo borgo di Gesturi. La visita dell’umile casa natale nel centro dell’abitato, così come avverrà poi a Laconi nell’ancor più spoglia abitazione di sant’Ignazio, aiuta a fare i conti con la povertà dei nostri avi e con la loro bella determinazione che poggiava sull’essenzialità delle cose importanti della vita. Un confronto che non può non colpire la sensibilità del camminatore, già sollecitato su questi temi per la condizione di pellegrino a piedi che sta vivendo.
A Gesturi, un’ala della casa del sorridente beato francescano è adibita a chiesetta, ed è qui che ci si imbatte nella sua iconografia. Per chi ha familiarità con la raffigurazione di sant’Antonio che offre il pane al povero, appare quasi straniante il primo impatto con la statua del beato Nicola, la bisaccia a tracolla, mentre con le mani tiene una pagnotta sostenuta anche dal bambino che ha di fronte (pure un bel murales gigante in uscita dal paese lo ritrae allo stesso modo). A rigor di logica, è il bambino a offrire il pane al questuante, ma il dubbio resta: chi sta dando e chi sta ricevendo? Forse il confine non è francescanamente così netto, perché anche chiedere, mettersi in condizione di aver necessità, offrire a chi può la possibilità di donare, è carità. Il gesto rappresentato è allora davvero fraterno: alla fine tutti si ritrovano migliori, nella condivisione del bene. Sono lezioni che sembrano assimilarsi con maggior naturalezza mentre si cammina insieme. C’è chi parla e chi ascolta; chi guida e chi segue; chi ha una necessità e chi accoglie. Con ruoli che si alternano. Ma alla fine, tutti si scoprono più ricchi e, passo dopo passo, più felici.
Fra Fabrizio Congiu, col suo abito francescano da «questuante» contemporaneo, questa dinamica virtuosa la sta sperimentando anche nell’avventura del tracciamento del «Cammino francescano di Sardegna», bussando alla porta di tanti Comuni e mettendo nelle loro mani la vocazione francescana del territorio, patrimonio comune civile ed ecclesiale. Da quanto si può vedere finora, i risultati non mancano: i primi a crederci sono stati i frati delle tre famiglie francescane, e poi la Regione Sardegna con tanti sindaci impegnati sul campo a cercare soluzioni individuando opportunità. Interessante la scelta di governance applicata: tutti questi portatori di interesse, mettendosi insieme, hanno dato vita, a fine 2022, a un’apposita fondazione per la gestione e promozione del cammino. Il progetto prevede di collegare a piedi tutti i luoghi francescani di Sardegna, con un tracciato che, alla conclusione, misurerà oltre 800 chilometri. Davvero: la Laconi di sant’Ignazio è punto di partenza, non di arrivo.
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