Tempo di partenze
Una nave che parte. Desiderio di correre, saltare, prendere il viaggio al volo. Il Molo Audace di Trieste come trampolino per andare. L’estate sfiora l’autunno e ho pensato che era tempo di partenze. Per questo sono tornato nell’unica città del Sud che sta a Nord.
«Trieste è una città mediterranea», mi disse una volta Marko Kravos, poeta italiano di lingua slovena, mentre mi porgeva un biglietto da visita con su scritto poet. «Trieste è una Napoli del Sud», aggiunse lo scrittore Mauro Covacich.
Per questo sono venuto qui: per vedere le navi partire. «Le Dolomiti innevate sono lo sfondo della partenza dei traghetti per la Turchia e la Grecia», mi spiegò Paolo Rumiz, altro triestino che scrive e viaggia. Ho pensato che le vere partenze sono per mare. Un saluto da una banchina. Dicono che in tedesco Fernweh sia il desiderio di «essere lontani». Me lo spiega, in maniera irreale, Teju Cole, scrittore americano nato in Nigeria (o nigeriano che vive a New York). E spiega: «Fernweh è la felicità di essere lontani da casa».
Non amo le partenze dagli aeroporti, nemmeno dalle grandi stazioni, forse ho nostalgia delle vecchie, sgangherate partenze in autostop (ai tempi di bla-bla car). Ma le partenze più belle, più commoventi avvengono per mare. E allora saluto una nave che salpa e mi dico che potrei correre lungo il molo Audace e saltarvi a bordo.