11 Novembre 2016

Terapia di coppia: è il caso?

Continuiamo la nostra riflessione sulla terapia di coppia, accompagnati dal dottor Edoardo Vian, psicoterapeuta, coordinatore dell’équipe «Oasi famiglia» dei Santuari Antoniani di Camposampiero.
coppia con terapeuta durante una seduta di terapia di coppia

Credits: Fotolia

Riprendiamo la riflessione interrotta lo scorso 8 novembre (Blog In famiglia: «Perché non provate a fare una terapia di coppia?»).

È ora il caso di porsi una domanda chiara: quali sono i «sintomi» che dovrebbero spingere ciascuno di noi verso la richiesta di una terapia di coppia o a suggerirne una?

Quelli più frequenti nella relazione di coppia sono:

  • forte e ricorrente desiderio o attuazione di fuga e di evasione dalla vita familiare o coniugale (anche solo di uno dei due con sport, hobby, ecc.);
  • anafettività (incapacità di provare affetto) o alessitimia (mancanza di emozioni e sentimenti) verso il partner per un tempo superiore alla settimana (spesso accompagnata da confusione a livello emotivo e un non sapere cosa fare);
  • un sostanziale equilibrio nella coppia ma con una significativa sofferenza in un settore specifico della relazione (educazione dei figli, sessualità, rapporto con il denaro, gestione domestica, scelte di vita…);
  • ricorrente mancanza di tempo trascorso assieme in situazioni dove i soggetti, o almeno uno dei due, ha oggettive possibilità di modificare la situazione. Ad esempio, il marito torna a casa da lavoro tutte le sere alle 21.00 quando il suo orario finirebbe alle 18.30;
  • iperinvestimento nei confronti dei figli: si parla solo dei figli, si fanno cose solo insieme ai figli, tutto ruota attorno ai figli;
  • lealtà primaria con la famiglia d’origine piuttosto che con il partner, provocando scontri e sofferenze nella relazione;
  • fatica/sofferenza prolungata nella relazione di coppia dovuta all’incapacità della coppia ad adattarsi a una nuova fase di vita: convivenza o matrimonio, nascita del primo figlio, pensionamento, ecc.;
  • mancanza prolungata di litigi/contrasti/discussioni in assenza di una gioia coniugale;
  • conflittualità e litigi sempre più frequenti e/o sempre più intensi;
  • messa in discussione esplicita della relazione e del matrimonio;
  • tradimento extraconiugale:
    • tradimento di pensiero
    • tradimento tramite forme di comunicazione (messaggi, chat, ecc.) senza andare mai oltre;
    • tradimento estemporaneo-occasionale di natura sessuale;
    • tradimento sessuale ripetuto ma con donne diverse;
    • tradimento sessuale continuativo con la stessa persona ma non avendo mai l’idea di rompere con il proprio coniuge;
    • tradimento continuativo con la stessa persona e avendo la seria intenzione di porre fine al proprio matrimonio a favore della nuova relazione. In questo caso o la relazione extraconiugale è ancora in corso o si è interrotta per esclusiva volontà dell’altra persona;
    • effettiva chiusura della relazione coniugale a favore della relazione clandestina per poi ritornare sui propri passi.
  • forte sospettosità da parte di uno o entrambi i coniugi nei confronti dell’altro. Vi sono pensieri sul partner del tipo: «sta facendo solo i suoi interessi», «è solo un egoista», ecc;
  • dichiarazione imperativa di non amare più l’altra persona. A volte questa può essere più insicura dichiarando non essere più sicuri di amarla ancora;
  • trauma/ferita di attaccamento: un episodio molto significativo in cui vi è stata una grande vulnerabilità di un partner e l’altro non è stato presente nella relazione.

Non è un sintomo di coppia ma individuale (anche se ricade pesantemente nella relazione e può essere utile portare occasionalmente il partner in terapia):

  • dipendenze da sostanze o alcool
  • violenze fisiche o abusi
  • emersione di una omosessualità maschile o femminile
  • tentati suicidi
  • disturbi psichiatrici
  • dipendenza affettiva patologica (spesso associata a forti maltrattamenti della vittima)

In tutti questi casi l’invio in psicoterapia è obbligatorio ma è individuale, oppure, in rare occasioni, al percorso individuale si può affiancare il percorso di coppia. Non è escluso che in alcuni casi il terapeuta faccia entrare in terapia anche il coniuge se questo può essere una risorsa (ad es. nei casi di tentato suicidio). (2/3)

 

(a cura di Edoardo Vian, psicoterapeuta, coordinatore dell’équipe «Oasi famiglia» dei Santuari Antoniani di Camposampiero)

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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