A tu per tu con «Natalina»

Come nella fiction così nella vita reale, Nathalie Guetta – alias Natalina, perpetua di «Don Matteo» – crede nell’amicizia e nella missione evangelica dei sacerdoti.
17 Febbraio 2020 | di

Artista circense, burattinaia, attrice di teatro. Sono i volti di Nathalie Guetta, parigina classe 1958 trapiantata a Napoli, nonché sorella dello stranoto dj David Guetta. Parentele e anni di palcoscenico a parte, però, se la incontrate per strada novanta su cento vi verrà naturale chiamarla «Natalina», come la perpetua che dal 2000 interpreta al fianco di Terence Hill in Don Matteo. Un ruolo fatto a pennello per Nathalie, in cui l’artista è cresciuta professionalmente e umanamente, sostenuta dall’amicizia di tanti colleghi, dalla fede e dalla passione per la recitazione. E pensare che da piccola sognava di fare… 

Msa. Ti conosciamo come una grande attrice. Quali erano i sogni di Nathalie da bambina?Guetta. Volevo essere una scrittrice di romanzi. Ero una ragazzetta di 12-13 anni un po’ invidiosa di qualche altro ragazzino che magari stava iniziando a scrivere. Sì, all’epoca quella era la mia più grande aspirazione…

La grande notorietà di Nathalie arriva con Natalina, la «perpetua» di Don Matteo… Sono diventata famosa grazie al ruolo di perpetua di don Matteo, ma non pensavo esistesse ancora quella figura nella vita reale, anche perché una volta alcune persone mi avevano detto che era scomparsa. È così?

No, no, in molte realtà esiste ancora. Spesso è un ruolo ricoperto da mamme, sorelle, nipoti dei sacerdoti, e da altre donne di buona volontà che aiutano i preti nella vita domestica.  Sono contenta e onorata di essere diventata emblema della categoria. A volte per strada incontro preti e suore che mi salutano come fossi una di famiglia, dell’ambiente. Questo mi piace e mi fa sorridere.

Come è stato lavorare con Terence Hill, il protagonista della serie tv Don Matteo? La prima volta che ho lavorato con lui ho provato un senso di grande soggezione. Per fortuna l’imbarazzo è passato presto. Una volta, a seguito di un dispiacere personale, non ho resistito e ho pianto sul set. Terence è venuto a rincuorarmi, mi ha capito e aiutato e, per rasserenarmi, mi ha invitato qualche giorno a Santa Fè, dove all’epoca viveva (invito che poi non ho accolto). Terence Hill è una bellissima persona, riservata e, allo stesso tempo, aperta a tutti. È molto attento agli altri e a tutto quel che succede sul set. Inoltre, è molto rispettoso e lavora davvero tantissimo, senza risparmiarsi mai.

Un grande uomo e un grande professionista, dunque. Sì, lui e Nino Frassica non sono solo dei professionisti in gamba, ma anche dei lavoratori instancabili, si impegnano a fondo e con passione. A me può capitare, a volte, quando sono molto stanca, di rallentare e di lamentarmi. A loro non succede mai!

Don Matteo è un po’ il «parroco degli italiani». Quali valori secondo te trasmette ai fedeli e al pubblico? Don Matteo trasmette il valore dell’amicizia, molto forte, che emerge, ad esempio, dal rapporto con il maresciallo Cecchini, ma trasmette anche il valore dell’accoglienza, perché la canonica è una casa aperta, dove si accoglie sempre: bambini e persone in difficoltà in primis. Infine, la fiction trasmette bontà e ironia, perché  l’ironia è ponte di reciproca accettazione. Personalmente fatico ad accettare la rigidità, e così pure don Matteo, che viene sempre percepito come un prete aperto.

A partire dalla tua collaborazione nella fiction Don Matteo, che idea ti sei fatta del ruolo sacerdotale nel nostro Paese? È bellissimo quando vedo nei sacerdoti una grande dedizione, un amore vero e gratuito per le altre persone. Vivere applicando il Vangelo, senza retorica ma in modo genuino, è una scelta importantissima, motivante e commovente per i fedeli. In Francia, dove vivo, la figura del sacerdote è meno sentita che in Italia. E a Parigi la presenza e la vicinanza dei preti si avvertono meno.

Quanto di Nathalie c’è in Natalina e viceversa? Natalina è un personaggio che mi rispecchia tantissimo. Per interpretarla ho dovuto lavorare molto su di me, ma è stato anche un braccio di ferro con l’editore e, alla fine, ho vinto io (ride). Ho tirato molto «la coperta» sul ruolo e lo stile del personaggio, perché doveva calzarmi addosso, dovevo esserne convinta e contenta. Interpretare Natalina, inoltre, mi ha insegnato a recitare davanti alle telecamere.

Quella di Don Matteo è stata la tua prima grande esperienza televisiva? Prima di apparire sullo schermo, a parte una breve parentesi in Dio vede e provvede, avevo fatto solo teatro. Il palcoscenico richiede una modalità di lavoro ben diversa, ma adesso mi piace molto di più lavorare davanti alla telecamera.

Sappiamo che sei credente. Com’è stato il tuo percorso di fede? Sono nata in una famiglia non praticante, quindi per molto tempo ho avuto un rapporto vago con la fede e con la Chiesa. Mi mancava un punto di riferimento, ero estranea alla pratica e alla ritualità. Poi, fortunatamente, crescendo e diventando un po’ italiana di adozione, ho «tirato fuori» in modo sempre più evidente ciò che in fondo sentivo dentro di me: la fede. 

L’hai scoperta e maturata negli anni, quindi… Diciamo che ho accolto in me quanto già sentivo e volevo: essere cattolica. Così sono diventata praticante. Anche le mie più grandi amiche lo sono. Oggi percepisco forte e chiara la dolcezza che la fede sa donare. Col passare degli anni, essa è divenuta sempre più interiore e spirituale. Sono convinta che Dio sia amore. Per questo nella vita mi lascio guidare sempre dall’amore che vince su tutto e porta sulla strada giusta. A tal proposito, nutro un sentimento di stima incondizionato e infinito per papa Francesco, che mi commuove tanto con molti suoi gesti.

Dicevamo che ormai sei italiana di adozione. Che cosa ti ha dato e ti dà il pubblico italiano? Da parte del pubblico italiano percepisco nei miei confronti moltissimo affetto e ne sono molto riconoscente. Mi fa pensare che ho lavorato bene. In Italia ho ricevuto una quantità incredibile di amore. Devo molto ai miei amici e alla loro sincerità. Con alcuni di loro sono cresciuta sin dal mio arrivo in Italia trentacinque anni fa. Assieme a loro oggi sto invecchiando. 

Per te l’amicizia è uno dei valori più importanti, dunque… Sì, per me l’amicizia è un valore fondamentale. Mi commuove anche quella dei colleghi. Terence Hill, Flavio Insinna, Nino Frassica, sono persone che mi hanno dato tanto e, anche se capita di non vederci molto spesso al di fuori del lavoro, c’è sempre una vicinanza, un grande rispetto che col passare degli anni cresce sempre di più. Per conoscere bene una persona ci vuole una vita e devo dire che, assieme a loro, ho trascorso davvero tantissimi anni.

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Data di aggiornamento: 17 Febbraio 2020
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