Pink Floyd, la musica che resta

A Roma, prima tappa internazionale dopo Londra, la spettacolare retrospettiva su una band che ha fatto la storia del rock.
10 Marzo 2018 | di

«The Pink Floyd Exhibition. Their mortal remains» è il titolo della retrospettiva sui 50 anni di uno dei gruppi che hanno scritto la storia del rock aperta al Macro di Roma fino al 1 luglio 2018.

«Their mortal remains», vale a dire «i loro resti mortali rimangono». Proprio «perché loro sono ancora vivi e la loro musica rimarrà per decenni», spiega Aubrey «Po» Powell, direttore creativo del gruppo, curatore con Paula Webb Stainton e Nick Mason (batterista che ha fondato la band, nel 1967 a Londra, con il cantante e chitarrista Syd Barrett, il bassista Roger Waters e il tastierista Richard Wright, cui si aggiunse il chitarrista David Gilmour che sostituì Barrett).

La mostra non è una mostra, bensì un’esperienza, un viaggio, una totale immersione audiovisiva, «un’autentica festa per i sensi».

Oltre 350 gli oggetti esposti tra installazioni, strumenti musicali, reperti vari e non solo. Ma il vero colpo di genio sta nell’essere riusciti a «mettere in mostra» la musica.

Come? Ponendo al centro il suono. Sotto forma di brani che si possono ascoltare in qualsiasi punto degli oltre 2.500 mq di esposizione; nelle voci e nelle storie, raccontate in 40 video, spesso inediti, con sottotitoli; grazie a cuffie audioguida che così scontate non sono: un capillare sistema di 900 trasmettitori, nascosti lungo il percorso, fa arrivare l’audio relativo al punto in cui il visitatore esattamente si trova.

Cronologico l’ordine. Si inizia da «Londra 1966-1967». Nella prima sala un’unica immagine a tutta parete: la fotografia in bianco e nero di Mason a fianco del furgone Bedford su cui, a inizio carriera, la band caricava gli strumenti e raggiungeva i locali. Un lusso allora, comunque ben lontano dai 53 tir necessari, nel 1994, per trasportare l’allestimento del tour The Division Bell.

Accurati gli allestimenti (Nick, Roger e Richard hanno studiato insieme architettura) di due luoghi storici, nelle leggendarie tappe italiane: il film-concerto Live at Pompeii (1972) e il live a Venezia (1989).

«Their mortal remains» è, prima di tutto, da ascoltare. Poi, da guardare: davanti, intorno o con il naso all’insù. Può capitare, all’improvviso, di veder penzolare la palla a specchi utilizzata nel tour del 1977, sul finale di Shine On You Crazy Diamond, oppure un maiale gonfiabile o il modello di un aereo da guerra nella sala dedicata a The Wall.

Appesi al soffitto anche alcuni degli ottocento letti di ospedale portati su una spiaggia del Devon per l’album Momentary Lapse of Rea­son (1987). Persino le monetine usate per l’inizio di Money; il bastone di rattan flessibile che l’insegnante di Waters utilizzava per punire gli alunni indisciplinati come Roger; i due manichini con l’abito di lampadine dal doppio album live Delicate Sound Of Thunder (1988).

Qua e là, cabine telefoniche inglesi: all’interno ritagli di giornale, dischi, copertine per capire che cosa accadeva, in quel momento, nel mondo. Fino all’inatteso, spettacolare finale: l’esecuzione di Comfortably Numb al Live8, ultima reunion della band nel 2005, esperienza capace di  immergere talmente lo spettatore nel clima di un concerto dal vivo, da fargli sentire, alla fine, come se lo avesse davvero vissuto.

Tra i «viaggi», quello nelle copertine. Quasi tutte recano la firma di Storm Thorgerson, il miglior album designer al mondo: Atom Heart Mother (1970, la mucca: i produttori la scartarono, ma la band la volle a tutti i costi e fu un successo); The Dark Side of The Moon (1973, il prisma a Thorgerson ricordava «qualcosa di ambizioso, cosmico e folle»); Animals (1977, il maiale vagante sulla Battersea Power Station).

A inaugurare l’evento – prima tappa internazionale dopo l’esordio di Londra –, Mason e Waters. Il bassista, a cui la band deve la scrittura visionaria e decisiva, ha un rapporto stretto con il nostro Paese, come lui stesso ha ribadito alla nostra rivista: «Sono molto legato all’Italia: qui ho ritrovato mio padre (morto nel 1944 nello sbarco di Anzio, ndr), dopo aver cercato per anni un luogo, che non fosse l’anima, dove ricordarlo».

A sorpresa, ma non troppo visto il suo essere sempre fuori dagli schemi, aggiunge: «Non mi interessa il passato. La mostra racconta una storia interessante, ma è quella che viviamo tutti i giorni che ci deve riguardare, ciò che stanno vivendo le popolazioni di Ecuador, Palestina o i Rohingya. Se posassimo i telefonini e provassimo davvero a guardare l’umanità che sta fuori, sarebbe un buon inizio». 

La dichiarazione non smentisce la mostra, tanto meno Waters. Da quel prisma, oltre a un fascio di luce, fuoriesce il tracciato di un elettrocar­diogramma. The Dark Side of The Moon, logo della mostra, racconta il viaggio dell’esistenza umana alla ricerca di identità.

Il primo brano si apre con il battito di un cuore. Come l’ultimo. L’album fu pensato nella cucina di Mason proprio da Waters. «Se volete un tema conduttore – disse –, ecco­lo: la vita, a partire dal battito del cuore. Poi, possiamo aggiungere altre cose. Ma il primo, irrinunciabile, è la vita».

INFO The Pink Floyd Exhibition. Their mortal remainsRoma, Macro Via Nizza 138Fino al 1 luglio 2018Pinkfloydexhibition.com

Data di aggiornamento: 15 Marzo 2018
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