Terremoto, non tutto è «inevitabile»
«Egregio direttore, a pochi giorni dal movimento sismico che ha coinvolto il territorio dove risiedo, il Vallo di Diano (SA), con successiva chiusura delle scuole per effettuare controlli di sicurezza, vorrei che fosse ricordato il quindicesimo anniversario del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia, dove morirono ventisette bambini e la loro maestra. Voglio augurarmi che in tutto il territorio italiano venga fatta una verifica di agibilità con certificati che siano veritieri, per evitare che si ripeta ciò che si verificò allora. A causare tale tragedia non fu solo il terremoto, ma anche la superficialità di chi consentì la costruzione di un secondo piano che, crollando, trasformò quei piccoli alunni in tanti “angeli di san Giuliano”. Mi auguro che ogni scuola ristrutturata sia veramente sicura e che nessuna mamma abbia più paura, e che nessun bambino trovi la morte a scuola». Lettera firmata
Proprio mentre ho in mano questa lettera e mi accingo a rispondere, arrivano sui nostri schermi le drammatiche immagini del terremoto che ha colpito la zona di confine tra Iran e Iraq, causando centinaia di vittime e danni ingenti. Nella tragedia, ecco che torna l’argomento di cui ci stiamo occupando, nelle parole della giornalista di RaiNews24 Lucia Goracci: «Sono già partite le polemiche. Le case dei privati hanno resistito meglio degli edifici pubblici, delle scuole, delle moschee, degli ospedali». La scossa principale, il 12 novembre, è avvenuta in tarda serata, una circostanza che ha forse evitato un bilancio ancora peggiore in termini di perdita di vite umane.
Di terremoto abbiamo molto scritto sul «Messaggero di sant’Antonio», rispondendo su questa rubrica a diverse lettere, ma anche andando di persona e raccontando l’Abruzzo, l’Emilia, l’Umbria, le Marche, il Lazio, solo per citare le regioni più colpite dagli ultimi fenomeni. Il senso di impotenza di fronte alle crude leggi della natura è comune a tutte le latitudini, ma non si può nemmeno etichettare ogni conseguenza come «inevitabile», e il caso della scuola primaria di San Giuliano di Puglia ce lo mette dinnanzi senza possibilità di tanti sviamenti. I 15 anni dalla tragedia ricordata dalla lettrice non hanno certo riportato in vita i 27 bimbi di prima elementare né la loro maestra, ma hanno almeno permesso di accertare (con condanne confermate dalla Cassazione) le responsabilità di chi avrebbe dovuto e potuto verificare, progettare e costruire diversamente (o non costruire affatto). Per dire: la Norcia ristrutturata con tecniche antisismiche dopo il terremoto del 1997 e colpita di nuovo nel 2016, grazie a un intervento oculato ha potuto contenere i danni ed evitare vittime tra la popolazione.
E le nostre scuole? Sottoscrivo l’augurio che lei lancia, cara lettrice, di poter contare su edifici scolastici «senza pericoli» per i nostri piccoli, ma lo sottoscrivo perché in troppi casi è un traguardo ancora di là da raggiungere. Proprio nel 2017 per la prima volta il ministero dell’Istruzione ha fornito i dati dell’edilizia scolastica nazionale. Chi li ha analizzati ha potuto affermare che «9 istituti su 10 non sono antisismici» («L’Espresso» dell’1 giugno). Dal ministero è arrivata una replica: non sono calcolati gli adeguamenti successivi. Vero, ma se anche il dato scendesse a 7 su 10, o 5 su 10, non sarebbe meno grave o meno preoccupante! Va detto, a onor del vero, che il governo in carica e quello che lo ha preceduto hanno destinato quasi 9 miliardi di euro per la messa in sicurezza, ristrutturazione e realizzazione di edifici scolastici: un segnale che, se pure non risolve il problema nazionale, quantomeno indica una direzione e – speriamo – una priorità condivisa da tutti. Perché le lacrime sparse a San Giuliano di Puglia non debbano trovare altrove nuove guance da rigare.