La cacciatrice di virus
«Studia, perchè quello che apprendi, nessuno potrà mai togliertelo!». La saggia esortazione di nonno Serafino, scrittore e giornalista, Giuditta De Lorenzo, cadorina «doc» di Nebbiù di Pieve di Cadore, l’ha sempre interpretata alla lettera. E la sua brillante carriera scientifica gliene dà atto ogni giorno anche in virtù della sua passione per la biologia, nata sui banchi di scuola quando i suoi beniamini erano Gregor Mendel e Marie Curie.
Dopo la laurea specialistica in Genomica Funzionale all’Università degli Studi di Trieste, e dopo il dottorato presso l’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology, svolto nella stessa città, De Lorenzo è approdata al Centre for Virus Research dell’Università di Glasgow, in Scozia, dove adesso lavora come Assistente alla Ricerca. Si sta occupando, in particolare, della ricerca sul virus Zika (che produce gravi malformazioni nei bambini) e sugli altri virus dello stesso genere Flavivirus.
Del resto pensare di poter fare ricerca in Italia, allo stesso livello, è piuttosto difficile perché da noi non si può godere degli stessi finanziamenti. Inoltre pesa una soffocante burocrazia. «Un giovane ricercatore in Italia non segue solo la ricerca o la docenza – sottolinea De Lorenzo –, ma deve destreggiarsi in altri ruoli amministrativi che, nei centri più lungimiranti, sono svolti, invece, da personale apposito. È, nel complesso, un sistema poco dinamico che non riesce a garantire ai giovani ricercatori la stabilità necessaria per portare avanti il proprio lavoro in maniera fruttuosa».
Lo scoraggiamento tra i giovani è palpabile, e «l’impressione è che i pochi posti disponibili siano già attribuiti. A soffrirne di più sono le donne che, in Italia, hanno meno speranze di carriera accademica rispetto agli uomini». E di fronte ai «baroni» e a fenomeni di nepotismo universitario «molti non alzano la testa perché temono di inimicarsi chi, un domani, potrebbe decidere l’esito della loro candidatura. La mia esperienza all’estero è stata diversa. Ho mandato la mia candidatura ai laboratori che mi interessavano, senza conoscere nessuno di persona e senza avere “santi in paradiso”. E la risposta è stata immediata e positiva».
L’esperienza all’estero è sempre importante, soprattutto per uno scienziato. «Purtroppo, però, sotto questo profilo l’Italia non è, a sua volta, attrattiva, anzi spesso non riesce nemmeno a riportare a casa i propri scienziati, dopo aver speso tanti soldi per la loro formazione». Quando non è in laboratorio, la scienziata veneta è una divoratrice di serie Tv e un’accanita lettrice di fumetti e di romanzi.
Certo, «mi mancano i miei familiari e il cibo italiano, ma mi reco in Cadore appena posso». Delle sue montagne e della sua cultura, parla spesso ai suoi colleghi spiegando con orgoglio che «Venezia si erge sopra il legno degli alberi delle mie montagne». E riceve sempre attenzione e simpatia. «Gli abitanti di Glasgow sono campioni di gentilezza. Sono pazienti, spontanei e orgogliosi». E in questo somigliano alle genti bellunesi che, come Giuditta De Lorenzo, hanno saputo conquistare il mondo.