Che cosa significa dialogare?
Si dice spesso, e a ragione, che la moltiplicazione delle possibilità tecniche non coincide con l’aumento della nostra capacità di comunicare. Sarebbe troppo facile e, tutto sommato, anche di ben poca soddisfazione, se bastasse connettersi per comunicare. Se davvero ci interessa la comunicazione, è importante distinguere ciò che davvero la nutre e ciò che invece, al di là delle apparenze, la rende impossibile.
Si parla tanto, per esempio, di dialogo come unica via per evitare che le divergenze si trasformino in conflitto e sfocino in violenza. Ma ci siamo domandati davvero che cosa significa dialogare? Non basta che ciascuno dica la propria opinione perché ci sia dialogo, anche se la possibilità di esprimersi con libertà è un primo indispensabile passo. L’enunciazione della propria posizione, però, ci mette di fronte alle differenze che spesso sembrano inconciliabili. Dialogo è, appunto, quel processo che mette in movimento un cammino di avvicinamento: dia-legein, unire ciò che è diviso.
Ma attenzione: dialogo non significa per forza ricerca di un consenso, di una posizione «media» sulla quale tutti siano d’accordo e che spesso diventa invece la voce del più forte che si impone sugli altri. Dialogo significa prendere sul serio le ragioni dell’altro, anche quando non siamo d’accordo. Significa andare oltre la propria posizione e incamminarsi alla ricerca di una verità più grande di quella che già possedevamo e che, senza cancellarla, la fa progredire. Se non siamo disposti ad abbandonare qualcosa, non potremo far crescere lo spazio comune (che è poi il vero significato di «comunicazione»: communis). Dialogo non è battaglia nella guerra delle idee, ma ascolto e sforzo di comprensione, che ci fa comprendere di più e ci rende più umani.