Al centro del Sahara, al centro del mondo…
Cercavo una storia per cominciare il nuovo anno e ho ritrovato il deserto. Era un gennaio di molti anni fa…
Oggi, il Sahara, per gran parte della sua geografia, è una terra proibita per i viaggiatori: si è affollato di banditi, miliziani, trafficanti di uomini, di droga, di armi. Un tempo, fra le sue sabbie e le sue rocce, ho passato molti inverni. E, come augurio, attorno a un capodanno, sono salito lassù, in vetta all’Assekrem, profondo sud dell’Algeria, a quasi tremila metri di altezza, dove ancora oggi, a quanto ne so, vivono due uomini, due piccoli fratelli della fraternità di Charles de Foucauld: sono là, attorno all’eremo costruito da questo uomo di religione, agli inizi del ‘900, per testimoniare, con la loro presenza, in terra musulmana, una scelta di accoglienza, di silenzio, di ascolto.
L’Assekrem è un tavolato di ciottoli piatti e neri, ossidati dal sole e sbriciolati dal gelo. Non c’è un solo albero a quella altitudine. C’è solo il vento. Implacabile. Perenne. Quando mi arrampicai fino alla sua vetta, trovai un uomo. Alain. Pére Alain, un pescatore bretone che, dopo una vita in mare, aveva scelto la montagna per la sua fede. Mi raccontò di Charles de Foucauld: «Non cercava la solitudine e la spiritualità. Non era un eremita, non era un missionario. Non voleva convertire nessuno e non voleva stare fuori dal mondo. Salì in Assekrem perché qui si incrociavano le piste dei tuareg, le rotte dei nomadi dell’Hoggar». Era la tua verità, Alain. La verità di Charles. E mi piacque molto.
Io arrivai in vetta a questa montagna con nello zaino le parole di uno scrittore italiano, Maurizio Maggiani. Con loro cominciavano le pagine de Il viaggiatore notturno, un libro che, allora, vinse il Premio Strega: «Ascoltate, è ancora il tramonto. Giallo, ocra, azzurro, oltremare, carminio. Cielo, terra, montagne e valli. Tutto. Ma giù nelle gole c’è il crepuscolo e la notte. Rosa, terra bruciata, viola, nero. Il nulla laggiù». In Assekrem, Alain mi fece leggere altre parole, molto simili, quelle di Charles: «Niente può dare l’idea della foresta di guglie, di picchi rocciosi ai nostri piedi. È una meraviglia. Non si può guardare senza pensare a Dio… si è soli con Lui e non si è altro che una goccia d’acqua nel mare».
Eravamo arrivati sullo stretto pianoro sommitale poco prima dell’alba. Pére Alain ci spiegò: «A volte la gente sale fino a qua e mi chiede di dire messa. E io rispondo: guardatevi attorno, aspettate che sorga il sole: questa è la scintilla della bellezza. Non chiudete i vostri occhi. Questo è il sacro».
Non so cosa capii, né cosa capisco oggi. Solo che, in questo inizio di un nuovo anno, mi è tornato in mente l’Assekrem, il Sahara, la gente di quel deserto. E ho letto un appello che non avrò il coraggio di ascoltare.
Nello scorso autunno, i Piccoli Fratelli e le Piccole Sorelle della famiglia di Charles de Foucauld hanno lanciato un appello, rivolto a laici e religiosi: qualcuno vuole venire a trascorrere del tempo con loro? A vivere fra Tamanrasset e l’Assekrem. Spiegavano che oggi, nella grande città del deserto, vivono tre fratelli e una sola suora. Altri due uomini abitano l’eremo in vetta alla montagna. Certo questa è una storia di solitudine, di contemplazione, di preghiera, di pensiero. E, allo stesso tempo, di amicizia, di scambio, di fratellanza. Di comunità. È un Natale.
Qui potete leggere l’appello della famiglia di Charles de Foucauld.