Dicembre sulla strada della tenerezza
«Perché non vieni insieme a noi a far festa con i vecchietti della casa di riposo? Siamo in tanti, vedrai come ci piacerà e come saranno contenti gli anziani della casa».
È una conversazione consueta, in questo mese di dicembre. Sono, questi, momenti gioiosi, che fanno maturare e, spesso, lanciano nel solco del volontariato. Una vita spesa per gli altri, infatti, inizia di frequente proprio da qui, da un invito immediato e simpatico, che apre il cuore e la mente. E che pone sulla corsia preferenziale della gratuità.
Oggi, il volontariato ha ripreso quota, perché ha dentro una vivacissima energia spirituale che spesso si fa anche via di fede. Perché se in passato era normale passare dalla strada della fede (ben radicata) a quella di una carità operosa, capace di esemplarità, ora si percorre un cammino inverso. Se si chiede a un giovane di venire a Messa, sovente ti risponderà: «E che ci vengo a fare?». Meglio, oggi, rovesciare la proposta: «Vieni a fare un’esperienza di servizio in ospedale o in carcere?». Il giovane si sentirà motivato e sarà portato a donare la sua vita per gli altri per vivere così, in modo alternativo, anche questi santi giorni di Natale. Per dare, in fondo, un senso al suo correre sulle strade della vita.
E che cosa avverrà a quel punto? Che il suo cuore ripercorrerà in modo alternativo il cammino di fede dei padri. Adagio adagio, quell’opera di carità rinnoverà nel cuore del giovane la speranza, con interrogativi succosi di concretezza. E da quelle domande vitali, il suo cuore giungerà a una fede con radici ben più solide di quelle date dal semplice catechismo.
A pensarci bene, questa altro non è che la strada della tenerezza. Anzi, «la rivoluzione della tenerezza», come l’ha chiamata papa Francesco in un celebre passaggio (n. 88) della sua prima Esortazione apostolica, Evangeli Gaudium, dove ci esorta, appunto, a farci prossimi alla carne dell’altro, al volto dell’amico. Ma è ancor più incisivo il Papa quando riprende la stessa riflessione nella più recente Esortazione, Christus vivit, rivolta al mondo giovanile: qui addita la rivoluzione della tenerezza come metodologia evangelizzatrice.
Come capitò a san Martino. Era ancora catecumeno, quando si imbatté in quel poveraccio, morto di freddo. Lo vide e nel suo cuore si risvegliò quella fede che stava cercando. Nel tagliare il mantello, sentì di certo che stava tagliando anche le sue radici pagane ed entrava in una dimensione nuova. Capiva che quel povero era il volto del Cristo che stava cercando. E sarà quello il volto anche dei tanti contadini che, sparsi nelle campagne della Gallia, erano in attesa di un messaggio di speranza che desse loro la dignità che spetta a chi porta il pane in tavola e custodisce il creato. Duplice, infatti, è il servizio del contadino: il cibo come dono e la terra come bellezza.
Allo stesso modo germoglia la fede in chi oggi spezza il suo tempo con tenerezza per gli altri. Il Papa precisa che «l’impegno sociale e il contatto diretto con i poveri, in iniziative di volontariato, restano un’occasione fondamentale di scoperta o approfondimento della fede e di discernimento della propria vocazione, per aprirsi anche al campo politico, per la costruzione del bene comune». (CV, 170).
La tenerezza fa sempre centro! È la strada dell’evangelizzazione, una strada innovativa, che si percorre in silenzio, fecondatrice di grazia, come la neve che cade silenziosa, in dicembre, sulle nostre colline molisane e trentine. Restavo stupito, negli occhi e nel cuore, da bambino, nel contemplarla. Incantato, ammiravo e lodavo. Perché l’altra via alla fede, oggi, tra i giovani, è appunto la strada del creato, ammirato e custodito con cuore grato. Come ci insegnano i milioni di ragazzi in corteo, sui passi della indomabile Greta Thunberg. È, in fondo, sempre la strada della tenerezza. La strada di Gesù, nella mangiatoia della tenerezza.