Di qui passò sant’Antonio

Alla scoperta degli eremi de La Verna, Cerbaiolo e Montecasale, nella provincia di Arezzo, dove, secondo la tradizione, sant’Antonio sostò nel 1221, nel corso del suo cammino verso Montepaolo.
21 Giugno 2021 | di

La faccenda rischia di assomigliare troppo a tante altre leggende metropolitane per essere vera! Quanti alberi si contano in Italia, sotto le cui chiome ombrose ebbe a riposarsi Garibaldi? Che avrebbe così trascorso la sua vita di combattente piuttosto a schiacciare più riposanti e innocui pisolini. Forse ora un po’ di meno per noi orfani di storie e slegati da qualsiasi territorio perché virtualmente global, ma quante lapidi sparse per l’Italia ci avvisano che «qui riposò…», «là sedette…», «dietro l’angolo incontraronsi…», «su questo letto dormitte…»? Noi non abbiamo più bisogno di marcare i luoghi, che attraversiamo distratti perché iperconnessi sempre con altro e altrove, per cui non capiamo che motivo ci sia di segnalare se in questo palazzo visse qualcuno di più o meno noto, e tanto meno se un santo dormì o meno in una delle celle di questo convento. Pie tradizioni a uso e consumo dell’autocelebrazione di un luogo, solo questo.

Lo stesso pregiudizio potrebbe riguardare sant’Antonio di Padova e gli eremi francescani della Toscana orientale, ai confini con Emilia, Marche e Umbria: La Verna, Cerbaiolo (comune di Pieve Santo Stefano) e Montecasale (comune di Sansepolcro), tutti e tre in provincia di Arezzo. E tutti e tre tuttora e orgogliosamente con una cella, interna o esterna, detta senza ombra di dubbio «di sant’Antonio di Padova». Un breve ripasso di storia francescana, però, può aiutarci. Fuor di dubbio che questi eremi, come li possiamo vedere e visitare oggi, persino innamorandocene, non sono esattamente gli stessi che furono abitati da san Francesco e dai suoi compagni, e magari da sant’Antonio. Tutti quanti, più meno, nella loro conformazione architettonica e abitativa attuale risalgono al XV secolo, ai tempi di san Bernardino da Siena e del movimento francescano dell’Osservanza, pur conservando al proprio interno elementi e «pezzi» originali più antichi.

Siccome sono stati abitati dai frati, o da altri religiosi e religiose francescani, quasi continuamente nei secoli fino a oggi, sono stati più volte «aggiustati» e ammodernati. L’eremo del Cerbaiolo, per esempio, è stato quasi completamente ricostruito dopo i danni subiti durante la Seconda guerra mondiale. Per provare a immaginarci la location ai tempi di Francesco, dobbiamo con un po’ di fantasia cancellare fondamentalmente gli edifici attuali e «vedere» alcune grotte o qualche precedente rudere, riadattati alla bell’e meglio con frasche e sassi, qualche capanna un po’ più strutturata, una piccola e povera chiesetta, nella maggior parte dei casi di proprietà di un monastero benedettino e già luogo antico di eremitaggio. Dei conventi, perciò, per modo di dire. 

Francesco d’Assisi, parlando di questi eremi, ne identifica di fatto due scopi, compresenti e sovrapponibili tra di loro. Prima di tutto, in perfetto accordo con la tradizione spirituale cristiana, luoghi adatti alla solitudine e al silenzio, per cercare con tutte le proprie forze un incontro intimo, speciale, con Dio. Dall’altra, gli eremi fungerebbero da ospizi o «stazioni», punti di sosta e autentici bed & breakfast lungo il cammino per i frati itineranti, luoghi in cui sostare negli spossanti spostamenti a piedi per l’Italia, per fare spiritualmente «il pieno», per concedersi quei momenti prolungati di silenzio e preghiera che mancano invece lungo la strada, per curare ferite e malattie, per rifocillarsi, riposare ed eventualmente poter morire cristianamente, comunque una delle poche occasioni per i frati, a parte le grandi convivenze dei capitoli, per incontrarsi e conoscersi.

Infatti, i nostri tre eremi sono a circa una giornata di distanza l’uno dall’altro, e ancora si trovano sui percorsi di pellegrinaggio che scendono da nord verso Assisi (o da sud salgono verso Padova, nel caso del Cammino di sant’Antonio). Non ci sarebbe, perciò, almeno nelle intenzioni di Francesco, opposizione tra i frati che stanno negli eremi e quelli che vanno, secondo la Regola, per il mondo, anzi, i frati, nell’uno e nell’altro caso, sono gli stessi, magari colti in momenti diversi della loro esperienza religiosa. E ciò, detto anche solo en passant, suggerisce qualcosa anche alla nostra di vita di fede…

È perciò del tutto verosimile che frate Antonio abbia anch’esso fatto sosta in questi luoghi, la prima volta proseguendo da Assisi verso Montepaolo (FO), dopo il capitolo del 1221, ma senz’altro almeno di nuovo nel 1228, quando partecipa ad Assisi alla solenne canonizzazione di san Francesco e alla traslazione del suo corpo dalla chiesa di San Giorgio alla nuova Basilica, e nel contempo al capitolo generale di quell’anno; e ancora, per lo stesso motivo, nel 1230. Aggirarci in questi luoghi, abbracciati dal silenzio e dalla natura rigogliosa che sembra volerli proteggere da sguardi indiscreti, ci può riportare ai tempi di Antonio: non ci vuole molto a immaginarcelo in profonda preghiera, e pronto a intervenire presso qualche cattivo prepotente. Sì, qui sant’Antonio c’è stato.
 

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Data di aggiornamento: 23 Giugno 2021
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