Che cosa conta davvero?
Siamo fatti così: siamo inclini a riempirci di cose, di sicurezze, di punti d’appoggio a destra e a sinistra. Ci riteniamo saggi se nulla, nella nostra vita, viene lasciato al caso. Abbiamo bisogno di programmazione impeccabile, di efficienza ineccepibile. Non soltanto ci premuniamo con cura, a volte ossessiva, di non incorrere in alcuna situazione d’incertezza; abbiamo altresì bisogno di garantirci i giusti spazi di benessere, di piacere. Niente di male, in tutto questo; per lo meno a prima vista. È segno di buon senso fare il possibile per essere organizzati ed evitare imprevisti. Così come è opportuno che cerchiamo di avere a disposizione quanto serve alle nostre necessità materiali. Il paradosso, però, è questo: a volte entriamo in cortocircuito. A forza di riempirci di sicurezze, non ci sentiamo più al sicuro. Tutto pare sfuggirci di mano e ci lascia insoddisfatti. Ecco che, per quanto avventato, talvolta potrebbe tornarci di vantaggio dover affrontare improvvise situazioni di rischio, o di pericolo anche grave, per essere ricondotti all’essenziale, a ciò che davvero conta.
Sembra avere in mente proprio questo, sant’Antonio, ricorrendo all’immagine dei naviganti che, rischiando di morire, pensano a salvarsi la vita. Devono farsi subito leggeri e per questo non esitano: buttano a mare le ricchezze accumulate chissà con quali sforzi, viaggiando molto a lungo. In un istante la prospettiva giusta viene ristabilita: nulla vale più della vita. Non si può e non si deve ragionare troppo: occorre liberarsi di ciò che, fino a qualche istante prima, sembrava preziosissimo e che, d’improvviso, non ha alcun valore. Il ragionamento potrebbe apparire fatalista o depressivo.
Ma sant’Antonio non fa il minaccioso in modo gratuito; non si scaglia contro i beni materiali o con i piaceri in quanto tali. Denuncia però l’insidia sottile che potrebbe verificarsi: essere così catturati dall’organizzazione perfetta, dalle cose materiali, che ci si dimentica di vivere. Non serve per forza correre gravi pericoli, possiamo pensarci anche prima e cercare di ricollocarci nella vita in modo intelligente. Penso così: forse, quei marinai, scampati alla tempesta, avranno potuto guardarsi in faccia e raccontarsi le paure superate e la gioia di essere ancora al mondo. Questo conta più di ogni sicurezza: avere spazi relazionali, per condividere timori e motivi di speranza. Un tesoro così dura per sempre e non appesantisce mai. Anzi: l’incontro gratuito tra di noi alleggerisce il cuore.
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