Accoglienza, alle radici dell'umano

Che cosa significa oggi accogliere? C’è ancora spazio per essere persone e cristiani accoglienti? Risponde la scrittrice e teologa Mariapia Veladiano.
06 Agosto 2025 | di

Accoglienza, alle radici dell'umano

Accoglienza, alle radici dell'umano

In questo anno giubilare, siamo chiamati a metterci in cammino, approfondendo il nostro percorso di fede ispirati dal tema «Pellegrini di Speranza». E chi, oggi, più delle persone migranti si trova a essere un vero «pellegrino di speranza», pronto a mettere a rischio la propria vita e quella dei famigliari pur di potersi garantire o garantire ai propri cari un futuro degno di questo nome?

Ne abbiamo brevemente parlato con la scrittrice, teologa ed editorialista Mariapia Veladiano, incontrata a margine della mattinata di approfondimento organizzato dal «Messaggero di sant’Antonio», sul tema  Migranti, pellegrini di speranza, cui hanno preso parte, oltre a Veladiano, Giulio Albanese, giornalista, comboniano, già fondatore dell'Agenzia di stampa missionaria Misna; Paola Barretta, portavoce dell'Associazione Carta di Roma; Luciano Scalettari, giornalista, fondatore e presidente di «ResQ - people saving people», la ong che si occupa del salvataggio in mare dei naufraghi, quasi sempre migranti.

Mariapia Veladiano, nel suo intervento ha ricordato la terribile situazione in cui oggi versano molte persone migranti, le quali, oltre a vivere drammatiche situazioni di vita, si trovano a fare i conti con una visione disumana che si sta diffondendo sempre di più nel mondo Occidentale e che vede in essi quasi degli «animali» (parole del presidente Usa, Donald Trump). Ma com’è possibile, si è chiesta la scrittrice, che si arrivi ad accettare socialmente una tale ideologia per cui l’altro non è nemmeno un nemico, ma addirittura un animale? È in atto, ha sottolineato ancora Veladiano, un vero e proprio processo di de-umanizzazione (come recita anche il titolo di un libro della sociologa Chiara Volpato) che, basandosi non sulla mente razionale ma sull’emozione dell’appartenenza, crea un processo di alterizzazione dell’altro, che, in quanto diverso da meè quasi privo delle caratteristiche di umanità.

Per questo la strada principe per riscoprirci uomini e donne accoglienti parte proprio dal riconoscerci appartenenti a un’unica umanità, pur nella diversità di provenienze, etnie, lingua, colore, religione, abitudini di vita, riscoprendo quella caratteristica profondamente umana che è l’empatia. Purtroppo, ha ricordato ancora la teologa, l’iper-esposizione alla tecnologia cui tutti siamo sottoposti oggi, ha effetti anche sullo sviluppo dell’empatia, perché l’empatia è regolata da quelle parti del cervello che richiedono tempo per pensare e riflettere, per maturare il pensiero critico. La lettura può aiutarci molto in questo, perché, a dar retta ai neuroscienziati, la narrativa di qualità aiuta (anche) a sviluppare l’empatia, grazie al processo di immedesimazione con i personaggi dei vari racconti.

Inoltre, ha chiosato Mariapia Veladiano, anche le parole possono aiutarci ad avviare quel cambiamento culturale che passa proprio attraverso il cambiamento linguistico, cominciando a non etichettare le persone nei loro ruoli, con parole magari dispregiative (com’è ad esempio il caso del termine «badanti»). E, soprattutto,  ha concluso l'autrice, a fare la differenza è la conoscenza personale dell’altro. Ora è chiaro che non possiamo conoscere chiunque arrivi nel nostro Paese, ma dovremmo favorire il più possibile lo scambio, la conoscenza personale (nelle scuole, ma anche nei luoghi di aggregazione delle persone adulte) per riuscire a superare moltissime diffidenze e a riscoprire quella comune umanità che ci unisce tutti.

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Data di aggiornamento: 06 Agosto 2025
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