Alla ricerca di un portinaio
Ogni giorno facciamo l’esperienza di quanto i pensieri intrusivi minaccino la nostra mente e di quanto sia difficile liberarcene: più cerchiamo di respingerli, più si ostinano a tormentarci rubandoci la serenità e impedendoci di essere presenti a quello che stiamo vivendo. Pensieri circolari, indesiderati, quasi sempre ansiogeni e talvolta così invadenti da offuscare ogni momento della giornata. Per molti, questi ospiti indesiderati cominciano a molestare addirittura di notte con risvegli precoci e l’impossibilità di riaddormentarsi velocemente. Pensieri che si presentano alla porta della mente senza essere invitati e che spesso rifiutano di andarsene. Pensieri che pesano come macigni e che si presentano perfino quando siamo in preghiera. Pensieri che si affacciano quasi sempre come preoccupazioni, timori o paure vere e proprie. È difficile vivere quando ci si preoccupa costantemente, quando si ha paura di tutto e non c’è spazio per la gioia, che è una contentezza di essere che basta a se stessa. Insomma, quando quello che passa per la testa, non passa!
La mente è proliferante, partorisce migliaia di pensieri ogni giorno ed è molto potente. Può creare la felicità o la sofferenza, il paradiso o l’inferno. Troppi stimoli, troppe immagini e informazioni; un flusso continuo di suggestioni che la mente assorbe come una spugna. Tracce sottili nella nostra memoria che spesso riaffiorano alla consapevolezza trasformandosi in pensieri intrusivi che non vorremmo avere. E più siamo stanchi e stressati più la nostra mente è vulnerabile a questi pensieri. Una mente agitata è come il mare increspato dalla burrasca; non si riesce a vedere il fondo, e ritrovare calma e chiarezza diventa difficile, talvolta impossibile. E l’ansia diventa divorante, si ramifica nella mente e finisce per generare preoccupazioni e timori a non finire. L’ansia, insieme con la depressione, sono i grandi mali del nostro tempo, specialmente in Occidente. In Italia ci sono milioni di persone ormai che fanno uso di ansiolitici e ipnoinducenti, con il rischio di sviluppare dipendenza e considerevoli effetti collaterali. Finché i veleni della mente ci inquinano non possiamo essere sereni.
Allora una domanda potente mi affiora e mi accompagna da tanto tempo: c’è qualcosa di sbagliato nel nostro modo di vivere? Che cosa dobbiamo cambiare? La prima cosa da imparare è che l’ansia non diminuisce sfogandosi, parlandone continuamente; l’ansia è come la varicella: più ti gratti e più ti prude! Tanti ansiosi ammorbano familiari e amici con l’intento di «sfogarsi»; in realtà finiscono per eccitare e moltiplicare l’ansia e spesso per perdere gli amici, che non ce la fanno più. Non è una strategia che funziona, anzi peggiora le cose. La seconda cosa da sapere è che l’ansia ci frega perché ci anticipa: è la paura di aver paura. Allora l’ansioso elabora raffinatissimi rituali nel tentativo, disfunzionale, di controllare l’ansia. E più tenti di controllare, più perdi il controllo (S. Olianti, Impariamo a meditare. Invito alla pratica contemplativa, Emp). La vita non si fa controllare né da me né da te; bisogna imparare a concentrare e a dominare la mente. Quando la mente è quieta, allora la luce dell’intelletto comincia a brillare.
Uno strumento efficace e praticato da millenni in tutte le culture e le tradizioni spirituali è la meditazione. Molti cominciano a meditare perché sono ansiosi, tristi o depressi. La meditazione non è un ansiolitico, ma certamente uno dei benefici della meditazione è quello della sensibile riduzione degli stati ansiosi. Mi verrebbe da dire che non si medita per risolvere i problemi di ansia, ma spesso questi si risolvono perché si medita. L’ansia in natura c’è; ci è stata fornita dall’evoluzione perché in giusta misura ci serve e ci aiuta ad affrontare la vita. Ma quando è troppo pervasiva e persistente, diventa un problema, un veleno interiore, un virus mentale che spesso produce l’inferno nella nostra mente. La buona notizia è che non siamo condannati a subire passivamente questa invasione. Bisogna prenderci cura dei nostri pensieri. La felicità dipende dalla qualità dei tuoi pensieri: se vuoi rendere migliore la tua vita devi prima rendere migliori i pensieri che hai su di te e la tua vita.
Forse i tuoi pensieri possono diventare i tuoi migliori amici: puoi imparare a farne degli alleati. Ma occorre imparare l’arte del discernimento dei pensieri, un’antica pratica spirituale che risale ai Padri del deserto; di essi, quello a cui dobbiamo maggiore gratitudine è Evagrio Pontico (345-399 d.C.) che ci ha lasciato dei trattati preziosi sul discernimento dei pensieri. «Sii il portinaio del tuo cuore e non lasciare entrare alcun pensiero senza averlo prima interrogato. Interrogali uno per uno e chiedi a ognuno: “Sei del mio partito o del partito degli avversari?”. E se egli è uno di casa, ti colmerà di pace. Se invece è del nemico, ti confonderà con l’ira o ti ecciterà con un desiderio» (Evagrio Pontico, Contro i pensieri malvagi. Antirrheticòs, Qiqaion)
Il cuore dell’uomo è il campo di battaglia dove si fanno le scelte più importanti e si decide il destino della propria vita. Per questo è importante discernere i pensieri e non far entrare quelli che inaridiscono e turbano. Se Dio ci parla, lo fa nel nostro cuore, attraverso i pensieri e i sentimenti, perché non è un alieno che entra dall’esterno. Si impara così ad analizzare ogni pensiero, a interrogarlo e a intuirne la destinazione: dove ti porta quel pensiero? Verso la pace, la gioia, l’amore? Oppure ti devasta la mente inclinandoti alla tristezza, alla nausea esistenziale, alla dissolutezza? (S. Olianti, Impariamo a meditare, Emp). Insomma, se abbiamo licenziato il portinaio che vigilava sulla porta della nostra mente, riassumiamolo subito. Potrebbe salvarci la vita.
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