Amico, custode dell’anima
«Dire amico è come dire “custode dell’anima” e il termine viene da amare. A chi è amico di Dio viene manifestata talvolta una certa luce nella coscienza, una luce di interiore letizia, come un lume che, rinchiuso tra le mani, si vede e si occulta ad arbitrio di colui che lo tiene» (Sant’Antonio, Sermoni).
Poche realtà tipicamente umane sono forse così bistrattate e svilite come l’amicizia; almeno da un punto di vista lessicale. A parole, infatti, si è amici di tutti. I social media costringono ad aumentare a dismisura il numero degli «amici», i collegamenti, le connessioni, le condivisioni. Tutti collegati con tutti. Tutti amici di tutti. E così, in realtà, non si è amici proprio di nessuno. Le parole di sant’Antonio illuminano un aspetto peculiare e quanto mai prezioso dell’amicizia, dell’amicizia vera: l’intimità. Alla persona amica noi confidiamo i nostri segreti, le aspirazioni che portiamo nel cuore, le cose che ci fanno gioire, gli accadimenti che ci procurano delusione, perfino i nostri errori. Tutto questo, e molto altro, noi confidiamo all’amico, perché ci fidiamo della sua capacità di custodire. Bellissima la definizione del nostro Santo: l’amico è il custode dell’anima. E custodire è per lui una forma di amore: attitudine delicatissima e vigilante, orientata a proteggere, a mettere al sicuro.
Tutti noi desideriamo in fondo poterci aprire liberamente con qualcuno, senza il timore di essere traditi. E quanto è rara tale possibilità! Rara, ma non impossibile. L’amicizia declassata a banalissimo legame mediatico non potrà mai rendere ragione della potenza vitale che si sprigiona dall’intimità. Bene provarne nostalgia; onesto chiederci quanto siamo capaci noi di custodire l’anima degli altri, quanto siamo in grado di proteggere l’altro ascoltandolo, tenendo strette tra le nostre mani le sue parole e i suoi sentimenti. Sì, perché l’altra immagine, assai suggestiva, che sant’Antonio ci regala è proprio questa: un lume rinchiuso tra le mani, la cui incandescenza si può forse intravvedere tra le dita, ma che in realtà è pienamente svelato soltanto se quelle mani vengono aperte.
Dio ci è amico così! Ci svela il segreto del suo amore e l’incanto della sua vita divina quasi trattenendo tali tesori tra le sue mani; e più noi gli diventiamo amici, più egli si rivela a noi, facendoci gustare la dolcezza di una letizia interiore. Un bel modo di parlare di amicizia! Custodire ciò che è prezioso e fragile; rivelarsi reciprocamente man mano che la fiducia si approfondisce. Ben lontana dalla superficialità di chi sbrodola tutto a destra e a sinistra, l’amicizia richiede l’arte di preservare sigilli. È sempre sant’Antonio a ricordarcelo, quando raccomanda di non parlare a caso e di porre un sigillo sulle proprie labbra: «Affinché io non dica il bene in modo errato e sappia sia tacere che parlare al tempo giusto. Ciò che si mette sotto sigillo viene rinchiuso perché non sia aperto ai nemici, ma solo agli amici».
Solo tra amici possono essere sciolti i sigilli. Solo al riparo di un’intimità custodita può essere consegnata ad altri la luce che abita nel nostro cuore. Non perché si voglia tenere per sé «le proprie cose», con arroganza sospettosa; si tratta piuttosto di sentire come la verità dell’amicizia possa accendersi e affiorare unicamente nel contatto vivo di persone che sanno guardarsi negli occhi.
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