Asilo nido e malattie
Ricomincia l’anno scolastico e con esso, soprattutto tra i più piccoli, gli episodi di febbre, disturbi intestinali, tosse e raffreddore, ma anche bronchiti e polmoniti che un nuovo studio riconduce, per lo più, a una suscettibilità individuale.
Sebbene, almeno nei Paesi più ricchi, queste condizioni siano raramente fatali o preoccupanti, comportano comunque spese sanitarie, espongono talvolta al rischio di ricovero, possono estendersi ad altre persone fragili vicine, e per le famiglie possono rappresentare un problema molto serio, scombinando la delicata organizzazione su cui si basa spesso la gestione dei bambini piccoli, tra le altre incombenze familiari e lavorative. Non per tutti i piccoli, però, la frequenza al nido costituisce una sorta di percorso a ostacoli.
Uno studio condotto in Danimarca su un gruppo di 334 bambini nati nel 2000, seguiti da 0 a 3 anni, ha mostrato grandissime differenze nell’incidenza di episodi febbrili non meglio identificati, oppure legati a gastroenteriti o infezioni delle alte o basse vie respiratorie. Si passa da chi ne ha avuti 43 in tre anni, a chi ne ha segnalati solo 2. Come si spiega questa disparità? Dipende dalle caratteristiche individuali del bambino o da fattori ambientali su cui si potrebbe intervenire?
Per rispondere a questa domanda, Nadja Vissing e i suoi colleghi dell’Università di Copenaghen hanno pubblicato sulla rivista «Pediatrics» il lavoro con cui hanno analizzato i dati raccolti nel corso di una ricerca condotta per studiare l’insorgenza di asma nei bambini (Copenhagen Prospective Studies on Asthma in Childhood). «Esaminando l’impatto di un’ottantina di fattori, dall’alimentazione all’allattamento al seno, dalle condizioni socio-economiche a quelle ambientali, abbiamo potuto verificare che, in effetti, esistono fattori modificabili che aumentano il rischio di ammalarsi, ma sono meno importanti di quanto si potrebbe pensare», spiega la ricercatrice danese.
«Il sovraffollamento del nido, per esempio, non aiuta: maggiore è il numero dei bambini rispetto agli spazi disponibili, maggiore è il rischio che si ammalino, ma l’incremento di rischio dovuto a queste caratteristiche della struttura è minimo».
Più importante è la modalità con cui è nato il bambino: il parto cesareo, rispetto a quello naturale, aumenta di quasi il 50 per cento il rischio di bronchiti o polmoniti nei primi tre anni di vita. Ancora di più, sempre in riferimento alle infezioni delle basse vie aeree, conta il fatto di avere fratellini più grandi che possono rappresentare involontari portatori di malattie. Come si può immaginare, si ammalano di più i bambini che sono stati inseriti al nido molto presto.
Anche la presenza di animali domestici può contribuire, ma più rilevante è il fumo materno che aumenta il rischio del 66 per cento. «Tutti questi fattori, tuttavia, nel loro insieme non spiegano che poco più dell’8 per cento dei casi – conclude la ricercatrice –. A contare più di tutto è una suscettibilità individuale», contro cui non resta che armarsi di pazienza. Già alla scuola dell’infanzia, le cose potrebbero migliorare.