Attenti ai capricci!
Capriccio è una parola contenitore. Dentro questo termine ci stanno tantissimi comportamenti diversi. Sicuramente può essere una generica richiesta di attenzione, un bambino che cerca di capire se i genitori sono d’accordo tra di loro su una certa questione, oppure che prova gelosia nei confronti del fratello/sorella. Gli esempi sono tanti. Andare al supermercato con bambini molto piccoli, senza aver stabilito procedure chiare, richiede che ci si organizzi bene, altrimenti può diventare un’esperienza davvero tosta.
Una mamma mi racconta che, per sopravvivere, ha messo questa regola: la bambina al supermercato può prendere tre cose. Ho detto alla signora che tre sono tante. Infatti adesso la bambina alza il tiro. Non sapendo bene cosa prendere, si inventa delle cose inverosimili: «Voglio una bicicletta». La mamma le dice: «Non puoi prendere una bicicletta». Lei risponde: «Mamma, hai detto tre cose». La consegna della mamma non è chiara! Non è un capriccio della bambina, ma una carenza educativa. L’adulto deve essere più preciso nelle sue indicazioni operative, evitando anche le domande inutili. Come nel caso di una mamma che chiede: «Allora cosa ti va? Preferisci mangiare le lenticchie o i piselli in umido?».
Il bambino inizia un pianto lamentoso buttandosi per terra e rifiutando di sedersi a tavola. La mamma incalza: «Perché piangi? Stai male? C’è qualcosa che non va?». Ma il bimbo si lagna perché sta pensando: «Ma cosa c’entro io con i piselli e le lenticchie… Fammi mangiare per favore… Non posso io decidere anche lenticchie o piselli». Spesso si attribuisce al bambino un potere decisionale non corrispondente alla sua maturità. Se si danno regole precise e condivise tra i genitori, i capricci sono rare eccezioni. Al contrario, se le regole non esistono e vige il regime del comando e della proibizione, che può cambiare di volta in volta a seconda dell’umore dell’adulto, allora i capricci sono all’ordine del giorno.