Attesa, promessa di vita

L’attesa scoppia di desideri, di vita, di Risurrezione. Siamo chiamati a vincere la paura, forti della promessa che la vita porta in sé.
17 Luglio 2020 | di

«La partenza è giunta piuttosto inaspettata, malgrado tutto». Lo scrive Etty Hillesum in una cartolina ritrovata lungo la linea ferroviaria vicino a Westerbork, il campo di concentramento e transito nella parte orientale dei Paesi Bassi in cui si trova insieme alla sua famiglia. È il 7 settembre del 1943, giorno in cui parte per Auschwitz dove morirà il 30 novembre. L’espressione è piana. Nessuna enfasi. Da Westerbork i treni partivano ogni settimana, partenze improvvise solo nel senso che non venivano preannunciate, ma precise perché prima o poi capitava ed era chiaro che prima o poi ogni singola persona del campo il treno l’avrebbe dovuto prendere eppure, malgrado tutto, l’ora arriva inaspettata. Nella nostra vita anche il dolore, il male subìto, la malattia, le epidemie, la morte arrivano così. Malgrado tutto, inattesi. Non sconosciuti oppure impensati, ma inattesi.

Di una sventura o un dolore non possiamo dire, se non in un contesto patologico, «me lo sono sempre aspettato». Possiamo dire «l’ho sempre temuto» perché a volte capita di non saper vivere in modo diverso. Vivere nella paura è certo una possibilità e a volte non c’è colpa in questo. A volte la nostra storia ci disegna attraverso le generazioni e portiamo in noi i mali famigliari, con il loro carsico potere di erosione del nostro saper vivere. Il male è una possibilità che sentiamo più o meno presente ma non è un’attesa. Questo dice la bella espressione di Etty Hillesum. Perché l’attesa è sempre attesa di vita. Si dice aspettare un bambino. Attesa delle attese. 

Il dolore, il male e la morte in sé sono forme di tradimento della promessa che la vita porta in sé. Promessa di giorni buoni e pieni di senso da trascorrere nella serenità possibile. Solo dentro questa promessa possiamo generare figli e speranza. Solo abitando almeno un poco, anche chi non crede, dentro la vita libera dalla paura di cui parlano i Vangeli. «Non temere» dice l’angelo a Maria. Nemmeno se sei una giovanissima madre in pericolo di morte in un mondo ostile alle donne, allora come ora, nemmeno se non sai che cosa penseranno di te, nemmeno se tuo Figlio se ne andrà e tu dovrai imparare ad accettare che lui, proprio lui, sia ucciso nel più infame dei modi, appeso. Non avere paura, la tua vita è benedetta dalla promessa e la promessa fa il miracolo, può trasformare la paura in attesa. L’attesa è un ponte che si costruisce sotto il nostro camminare, con le azioni, i pensieri, gli incontri favoriti o evitati, le parole dette o taciute. A volte è pura sola preghiera, l’attesa. Preghiera nemmeno formulata, soltanto affidata. L’attesa scoppia di desideri, di vita. Di Risurrezione. Ma non avere paura ce lo deve dire qualcuno e noi abbiamo ogni giorno la possibilità di dirlo alle persone che incontriamo. 

Non passerà proprio questo tempo di lutti inaspettati. Nel senso che non resterà alle nostre spalle. E nemmeno produrrà effetti magici. Non saremo migliori o peggiori in modo meccanico. Sia chi ha perso in modo impensato qualcuno partito in anticipo, o male, o solo, dentro la furia di un mondo che non lo ha saputo preservare e accompagnare, sia chi non è stato direttamente travolto dall’evento ma ha vissuto nel mondo travolto, tutti dovremo infine, attraverso le minute scelte di ogni giorno, decidere come continuare a vivere. Serrati nella paura che tutto torni, e per questo pronti a tutto trattenere, le cose, le persone, il denaro, la roba, i movimenti, i sentimenti. Oppure insieme disposti ad accogliere la promessa che la vita conserva in ogni sua espressione, ogni suo bene e sua pena e sua allegria e suo impegno. A dire, «non avere paura».

 

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Data di aggiornamento: 17 Luglio 2020
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