Profeti tra verità e menzogna
Alla vigilia della deportazione in Babilonia e durante l’esilio, i falsi profeti crebbero molto nel popolo di Israele, e dura fu la lotta contro di essi combattuta dai profeti autentici: Ezechiele, Geremia e l’anonimo profeta noto come Secondo Isaia (l’autore dei capitoli 40-55 del libro del Profeta Isaia). I falsi sono molti più dei profeti veri, sempre, ma soprattutto lo sono nelle crisi epocali, che sono terreno fertile per lo sviluppo della falsa profezia.
Perché le fasi in cui prolifera la profezia vera sono quelle in cui inizia a proliferare pure la falsa – nella Bibbia grano e zizzania crescono insieme –. Questo ci dice che durante le grandi crisi collettive, come quella che stiamo vivendo in questo inizio di terzo millennio, l’offerta di false soluzioni e consolazioni è particolarmente forte, perché abbondante è la domanda. Quando la gente soffre tende a cercare illusioni e, anche quando inizia a capire che quello in cui ha creduto è un’illusione, fa di tutto per non abbandonarlo.
Il popolo, in genere, non ha gli strumenti per distinguere i veri dai falsi profeti, ma di fatto sceglie di ascoltare i falsi profeti, perché questi dicono le cose che il popolo vuole sentirsi dire. Sanno che il popolo vuole salvezza e speranza, e vendono salvezza e speranza: così raccolgono guadagni, successo, potere. I profeti onesti, invece, non riescono, per vocazione, a vendere salvezze quando non ci sono, non riescono a illudere il popolo. E quindi sono degli sconfitti. Il successo popolare è quasi sempre indicazione di falsa profezia.
La Bibbia ci dice da quale parte fosse la verità – Ezechiele o Geremia –, e non perché la storia la scrivono i vincitori, ma perché arriva un momento in cui all’apparir del vero il velo delle illusioni non può che cadere. Ma questo momento arriva sempre un passo oltre l’evidenza storica, perché i falsi profeti continuano a vendere illusioni durante le catastrofi e a presentare come salvezza anche le più devastanti sconfitte, ad attendere il miracolo anche mentre Nabucodonosor è dentro il tempio, ha appiccato il fuoco e sta portando via oro e tesori.
In realtà, anche nelle grandi tragedie si possono nascondere salvezze vere, ma si trovano oltre le illusioni e le facili consolazioni, dove parlano e tacciono i profeti onesti. E così i profeti trascorrono la vita constatando l’insuccesso delle loro parole vere e il successo di quelle false. Oggi, nella Chiesa e nella società civile, abbondano i falsi profeti. Non è facile riconoscerli, ma non è impossibile. In economia è più facile.
Quando i «profeti» promettono salvezza senza sacrifici o senza lavorare di più e diversamente... Quando offrono soluzioni alla crisi legate alla sola introduzione di nuovi strumenti tecnici... Quando attribuiscono le cause dei problemi al passato, a Paesi e persone lontane... Quando non chiamano a conversioni etiche e del cuore... Quando manipolano i fatti e l’evidenza… Sono tutti indizi che smascherano un falso profeta. I profeti non-falsi, invece, sono sempre dalla parte dei poveri e degli sconfitti, non cercano se stessi, sono produttori di speranza.
Nascosti tra molti falsi profeti, anche oggi la Provvidenza ci sta donando dei profeti veri, che sono criticati, attaccati, sconfitti. Le comunità si perdono o perché non ascoltano i profeti veri, o perché ascoltano quelli falsi, o per entrambi questi errori. Ma i profeti veri si possono anche pregare, quando non li troviamo o non li riconosciamo: «Manda Signore, ancora profeti, uomini certi di Dio, uomini dal cuore in fiamme. E tu a parlare dai loro roveti sulle macerie delle nostre parole, dentro il deserto dei templi: a dire ai poveri di sperare ancora» (David Maria Turoldo).
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