29 Gennaio 2020

Noi, no!

Impossibile per noi (e non sarebbe giusto!) rinunciare al benessere raggiunto. Siamo chiamati a farlo, però, se a chiederlo è chi non ha la possibilità di avere una vita degna.
Contro l'attuale crisi economica, ecologica e umana serve un cambio radicale di mentalità.
Contro l'attuale crisi economica, ecologica e umana serve un cambio radicale di mentalità.
©JeSuisLautre

Nessuno di noi è disponibile, senza essere costretti a farlo, a rinunciare al livello di vita raggiunto, sia esso economico o culturale. Insomma, a ciò che definiamo come il nostro benessere, il nostro status sociale. E ci mancherebbe altro! Nella più semplice delle ipotesi, ce lo siamo almeno sudato, con anni di studio, fatica e sacrifici. Ci abbiamo investito tempo e risorse personali non da poco. Ma, soprattutto, l’abbiamo fatto per i nostri cari: per una vita bella e serena, senza sorprese sgradevoli. Una parte di questo benessere coincide anche con risultati civili non più negoziabili, anch’essi, del resto, frutto di lotte e impegno: democrazia, libertà, pace, uguaglianza, diritti per tutti, emancipazione da oscurantismi e credenze irrazionali, salute garantita da vaccini e medicine di ultima generazione, qualsiasi genere di comfort in casa, ecc.

Se la tendenza è quella che è, penso di non esagerare se dico che tra un po’ ognuno potrà far valere la propria differente individualità, promuovendo a diritti intoccabili i propri e del tutto personali, quand’anche strambi e fuori da ogni grazia, stili di vita, tendenze, manie. In tutto questo, esprimiamo la consapevolezza di vivere in una parte del mondo e in uno scorcio di tempo certamente fortunati. O, almeno, più fortunati di quanto non sia toccato in sorte ad altri. A molti altri. In ugual modo non siamo però altrettanto capaci di capire da dove ci viene tanta fortuna: storicamente, e cosa ne stiamo facendo, per esempio, dell’Europa unita ne è una dimostrazione persino tragicomica, se non fosse banale ignoranza; ma anche come dono che, per chi crede, ci viene dalla Provvidenza. E l’egoismo che, più o meno mascherato da civiltà o giustificato da paure talvolta del tutto reali, dimostriamo di questi tempi ne è l’esito più disumano.

C’è stata, e tutt’ora in realtà non ne siamo del tutto usciti vivi, una crisi disastrosa. Un campanello d’allarme, economico ed ecologico, come ha scritto papa Francesco nella Laudato si’, che ha messo davanti ai nostri occhi l’urgente bisogno di un cambio radicale di mentalità: l’impossibilità di continuare a produrre e consumare a questi ritmi, depredando e distruggendo ovunque. E rendendo sempre più apocalittico il futuro delle nuove generazioni. Non solo. Sempre papa Francesco si ostina a connettere questa crisi, in modo del tutto diretto e proporzionale, e perciò inscusabile e colpevole per noi, con quella umana: le migrazioni, il terrorismo falsamente di matrice religiosa, il grido dei poveri giuntici ormai sotto casa. Quando, dopo gli attentati terroristici in varie città europee, abbiamo urlato: «Non ci costringeranno a cambiare il nostro stile di vita!», cosa intendevamo dire?

Insicuri lo siamo ormai tutti. Ma in questa espressione pur giusta c’è molto di non detto: c’è il peso della nostra impronta ecologica, c’è la finanziarizzazione dell’economia, c’è il delirio d’onnipotenza… c’è la nostra egoistica insostenibilità. Il non essere disponibili a capire che proprio nello stile di vita che non siamo assolutamente disposti a cambiare, ci sta un bel po’ delle cause che hanno portato a questa «terza guerra mondiale diffusa». Un bambino ucciso in Occidente non vale tanto quanto un bambino ucciso in Siria? Mantenere questo status quo a costo di barricarci in un mondo di gated community (quartieri separati e protetti da mura di cinta e varchi presidiati da vigilantes), inferriate, filo spinato e telecamere a ogni angolo, chiudendo i porti, non farà altro che perpetuare, anzi peggiorare, la situazione (cf. Cereghini – Nardelli, Sicurezza, EMP). Gesù una soluzione ce l’avrebbe: «Convertitevi…»

Data di aggiornamento: 29 Gennaio 2020

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Santi perdenti

30 Settembre 2019 | di

1 comments

10 Febbraio 2020
Penso che chi detiene grossi capitali potrebbe investire per lo sviluppo dei paesi poveri.Non si risolve alcun problema di povertà cercando di colpevolizzare chi vive in Occidente.
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di Emanuela Nirvana

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