Cambiare idea
Quanto tempo mi ci vorrà per cambiare idea? Adesso, che le ore a furia di rincorrersi si stanno ormai raggiungendo, e che l’infinita giornata che avevo davanti al mattino della vita ormai «volge il disio», come dice il Poeta (Purgatorio VIII,1-6). In questo momento che assomiglia tanto al prossimo squillo della campanella a scuola, ricordate?, giusto il tempo di riporre ordinatamente in cartella astuccio, quaderno e sussidiario, come un pistolero riporrebbe la colt nella fondina, perché non c’è più niente a cui sparare, anche solo perché già scorrono i titoli di coda.
Ma Dio solo sa di quanti tempi supplementari avrei bisogno! Per cambiare idea su tante persone, spesso a me molto vicine, di cui sono riuscito a scorgere solo gli aspetti più negativi: le debolezze che facevano comodo alle mie autoassoluzioni, al bisogno di sentirmi qualcuno a scapito di qualcun altro. Per cambiare idea sulle mie fragilità e i miei limiti, i miei insuccessi e le mie sofferenze, i miei tradimenti e le mie bugie, che a volte ho troppo tollerato e mistificato.
Altre, di più, ho giudicato spazzatura indegna persino della raccolta differenziata, tentando maldestramente di nasconderle sotto il tappeto delle mie apparenze. Me ne vergogno tutt’ora, e non capisco che sono sempre io ma visto da Dio. E che c’è una buona probabilità che i miei fratelli e le mie sorelle mi guarderebbero con più misericordia di quanto non riesca a fare io.
Così, vorrei cambiar idea sulle mie rigidità, soprattutto su quelle dettate dalla paura: stili, di vita, di pensiero, di approccio alla realtà, misurati più sulla comodità, sul disimpegno pigro, sul «vivi e lascia vivere», che di evangelico non hanno proprio nulla. Vorrei cambiare idea anche su Dio. O, almeno, averci qualche idea personale su di lui, senza cavarmela sempre con ciò che ho studiato, la lezioncina preparata a puntino. La frasetta a effetto, ben circostanziata, ripetuta a memoria, ma solo perché la fame ti torce le budella, come succede al secondogenito, presunto «prodigo», della famosa parabola del padre misericordioso (Lc 15,11-32).
Ma io, un’idea su Dio, che sia mia, pagata a caro prezzo, che mi faccia sanguinare il cuore, che sia disponibile a difendere sino in fondo, che sia lei ad argomentare me più che io lei, io ce l’ho un’idea così? Per fortuna, e a mia consolazione, ci sono anche cose su cui onestamente non vorrei né desidererei cambiare idea. Intuizioni, brandelli di discorsi, post-it spirituali, che mi hanno accompagnato fin qui e ancora sono con me. Mica tanti, ma quanto basta a non perdere la direzione. Per esempio, io penso che l’uomo e la donna siano sempre degni: perché appartengono tutti ugualmente all’umanità, e perciò, per quel che mi riguarda, figlie e figli dello stesso Dio.
Poi penso che l’egoismo sia egoismo: il mio, anzi i miei che mi tormentano come mosche fastidiose, quello di chi afferma «prima me e poi gli altri». E, a tal proposito, che tirare in ballo Dio per giustificare le nostre bassezze, i nostri confini, reticolati e muri, sia una bestemmia. Anche su questo non vorrei proprio cambiare idea: che Dio voglia la mia conversione, certo, ma al suo amore e a quello per gli altri, e non a una bandiera o a uno degli schieramenti contrapposti.
Così come che è vero che nei momenti fondamentali della nostra vita, il nascere e il morire, si è soli, ma per tutto il resto è meglio assieme agli altri. Tra di loro, più che contro di loro. E, in fin dei conti, non vorrei proprio cambiare idea neanche sulla mia ignoranza su Dio: è l’unico modo che ha per salvarmi dalle mie presunzioni, dai deliri di onnipotenza e di possesso!
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