C’est l’Afrique
Ci sono percorsi di vita che si disgregano nella vastità del mondo che non conosciamo. Frammenti di esistenza sommersi dalla terra atavica che riveste di abbandono l’offuscata memoria del tempo andato. Riecheggiano storie di uomini che hanno camminato calcando spazi misteriosi, estranei. Lontane dalle radici del proprio cielo fatto di stelle segrete, le vicende di anonimi viaggiatori hanno saputo intrecciare strette di mano tra sconosciuti e incontri inaspettati capaci di dirottare la trama di un destino già segnato.
Accadono eventi bizzarri quando ci si affaccia a una finestra per guardare il mondo. Si incontrano individui che bisbigliano pozioni di saggezza, senza sapere. Altri fissano un punto inesistente nell’universo, senza trovare le giuste parole per unire le ragioni. L’impulso del pensiero sillaba ticchettii di un orologio immaginario avvolto dall’ansia, in un’eternità che, al passo scandito dal ritmo che accompagna la bellezza del giorno che verrà, sorge e tramonta nello stesso incommensurabile istante.
Si è spinti ad una corsa infinita, in questo luogo. Si prova a correre a perdifiato, mentre la natura manda avanti la vita a frustate. Ci si muove verso orizzonti estranei, nella speranza che, oltre la linea retta che separa il cielo dalla terra, qualcuno ci mormori la via maestra che possa condurre al cuore dell’umanità.
Si odono suoni indifferenti e cantilene sorde provenienti dal profondo dell’oblio. Si sentono grida strozzate, lontane. Le voci divergono in urla, c’è chi vuole farsi sentire da Dio, quell’essere divino onnipotente che sta lassù, nascosto agli occhi di tutti, a governare e guidare la fragile società.
Sibila il vento, i denti stridono in questo angolo di mondo. Le speranze arrugginiscono e finiscono in mille pezzi. Amore e odio si fondono come in un eterno fascino, qualcosa di incomprensibile unisce le anime al mistero di un continente, una terra fatta di gente che fende il buio del tempo fissando le stelle negli occhi.
Ci sono quaderni da sfogliare, per l’intera vita. Forzieri farciti dall’amore di storie vissute. Racconti plasmati dal sapere e ornati da emozioni intense. Messaggi senza un ordine preciso, sparpagliati in un cassetto che non esiste. Disordine, ovunque.
Note di polvere e sudore, profumo acre che entra nelle ossa. Accenti senza codice da assaporare attraverso la sensibilità di chi sa ascoltare il silenzio. Stati d’animo evaporati che non portano da nessuna parte, carezze impalpabili che assumono forme metaforiche donate dal battito d’ali di una farfalla. Resta l’ultimo sguardo di un sognatore smarrito, perso, tra le sabbie del grande deserto.
Oltre l’ultima duna disegnata dalla natura, dove il mondo sembra non esistere, qualcuno ha ancora la forza per affrontare l’ennesima attesa: una nave giungerà, prima o poi. Memorie indelebili fissate su pagine ossidate dalla somma degli istanti. Appunti che sublimano per mancanza di fissa dimora, passo dopo passo, come se il vento, per dispetto, li volesse nascondere nel luogo proibito ai mortali.
L’immensità di un viaggio senza fine: bambini sorridenti aggrappati al sogno dell’innocenza, villaggi che sfumano nel miraggio di un giorno fatto di luce diversa. Donne che non dicono, fanciulle ingannate da veli mentali, ritratti in bianco e nero di persone sconosciute. Calligrafie sguaiate che imbrogliano, che fanno scivolare altrove, dove paradiso e inferno provano a darsi la mano, mentre le nuvole scrivono poesie.
C’è troppa polvere in questo album dimenticato, gli occhi arrossati arrancano nella lettura. Ci saranno nuove favole, ma è quasi l’alba. È tempo di lasciarci. Serve girare lentamente le pagine dei ricordi africani. Molto lentamente. «C’est l’Afrique» Monsieur.