Circondati. Dal bene
Circondati. Capita di sentirsi circondati e non è un bel sentire. Ci sono le persone che si agitano a esserci nemici anche se noi proprio no, e facciamo di tutto per non. Non raccogliere le provocazioni, non protestare per i tappeti sbattuti sui nostri fiori, la strada tagliata, i giudizi sciatti lanciati via social, le decisioni prese sulle nostre teste e noi eravamo lì tutti i giorni e ci si poteva parlare. Poi ci sono le attese del mondo. Una madre è presente e pulisce e lavora e ascolta i figli e non lascia cadere la complicità e coltiva la propria intelligenza, ma non troppo, e anche fa rete, custodisce le relazioni famigliari ovvero organizza con discrezione e senza farli pesare pranzi e cene. E un buon padre è presente, lavora, anche pulisce perché i tempi sono cambiati, e ascolta i figli e poi e poi. Poi c’è il mondo che così com’è pretende adempimenti, scadenze, presenze, appuntamenti, occhi bassi e sempre avanti. Mille fili ci legano ogni ora del giorno e non c’è riposo.
Così va la vita. Si dice. E la prigionia del pensiero circondato, circoscritto, ha una sua forza rassicurante. Non siamo noi a dissipare il mondo. È il mondo che ci dissipa di incombenze ormai tutte obbligatorie, ostili o almeno di sicuro indifferenti al nostro bisogno di star bene.
Negli ultimi giorni del 1944 il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer si trova rinchiuso nel carcere berlinese di Tegel. È sospettato di attività antinazista. Di sicuro, nei modi in cui ha potuto farlo, ha predicato limpidamente contro il nazismo. Ha anche protetto perseguitati e cospiratori. L’attentato a Hitler del luglio 1944 è fallito e sa che i suoi giorni sono contati. Lontano ha amici, una fidanzata, i parenti che, come possono, gli fanno sentire di non essere solo. Ma intorno ha soprattutto molti nemici. La sua stessa Chiesa non lo segue. Gli interrogatori si intensificano. È circondato. E Bonhoeffer scrive una poesia. Porta l’intestazione Capodanno 1945: «Circondato fedelmente e tacitamente da potenze benigne, / meravigliosamente protetto e consolato, / voglio questo giorno vivere con voi, / e con voi entrare nel nuovo anno». Alza gli occhi e vede. Bellissimo vedersi circondato sì, ma da «potenze benigne». C’è anche il resto, c’è la «sofferenza», lo scrive due strofe sotto, c’è il peso dei «brutti giorni». Ma non siamo soli. Anzi, siamo proprio circondati da queste presenze che sono «il suono pieno del mondo... l’alto canto di lode» di tutti i suoi figli. È la comunione di tutti gli uomini di buona volontà, niente viene disperso, non siamo mai soli, possiamo avere la forza che non abbiamo perché altri sono con noi, la rendono a noi disponibile. È il mistero della comunione dei santi che ci rende salvatori gli uni degli altri: «Da potenze benigne prodigiosamente protetti, / attendiamo consolati quello che accadrà. / Dio ci è al fianco alla sera e al mattino / e senza dubbio ogni giorno che verrà».
È il mistero laico di un reciproco bene-dire. Ognuno di noi può. Può alzare gli occhi e scoprirsi circondato dalle potenze benigne di chi, facendo il bene, ci mette nelle condizioni di farlo anche noi. Rompere l’incantamento perverso del «niente mai cambierà». I credenti sanno che il mondo è affidato, e anche le nostre azioni sono affidate, e che l’efficacia è, come dire, garantita anche se non vediamo oggi o domani l’effetto di quel che facciamo. Ma ognuno di noi può accorgersi di non essere solo e di viaggiare circondato da potenze benigne, dall’amore di chi ci ha accompagnato, o preceduto, genitori, affetti, sconosciuti che hanno amato l’umanità che era e che sarà, il mistero bellissimo di un amore che non finisce, non fa il conto del dare, non chiede documenti e appartenenze, non ha confini, si regala, è presente, diventa forza, compagnia, consolazione, incanto di una capacità di vivere, meglio, insieme.
Vivere meglio insieme questo anno appena cominciato.
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