Come i fiori
«Nel fiore ci sono tre elementi: il colore, il profumo e la promessa del frutto. Con il colore si allieta la vista, con il profumo si delizia l’olfatto, con il frutto si soddisfa il gusto. Così è dell’elemosina: nel suo colore si ristora la vista del povero; il profumo edifica il prossimo, perché ne riceve buon esempio e glorifica Dio, mentre l’animo di colui che dà si consola nella speranza di riceverne il frutto nella vita eterna»
(Sermone per la Resurrezione del Signore, 5)
Simpatica questa riflessione di sant’Antonio. Innanzitutto per il suo carattere ampio e coinvolgente, in cui sono chiamati in causa tre dei nostri sensi: vista, olfatto e gusto. Il Santo parla di elemosina, non tanto come di un gesto sbrigativo, di chi dà due spiccioli in modo impersonale, bensì come atteggiamento estroverso, attento al bisogno di altri. Significa sapersi coinvolgere interamente a vantaggio di qualcuno che, una volta tanto, non siamo noi stessi. Tale coinvolgimento integrale viene descritto mediante l’immagine accattivante di un fiore, il quale colpisce i nostri sensi con la bellezza del suo colore, l’intensità del suo profumo e spesso lascia presagire la maturazione di un frutto gustoso.
Il colore, sorprendentemente, è associato da Antonio al ristoro. Sì, perché ogni gesto di benevola premura dovrebbe giungere al cuore degli altri con la delicatezza di un tratto riposante e accogliente, non come qualcosa di estorto a forza e buttato lì con arroganza. Prendersi cura degli altri donando non semplicemente cose, ma la cordialità della propria attenzione è un colore che fa davvero riposare gli occhi dell’animo! Al profumo, invece, Antonio collega il buon esempio. Il profumo si espande con larghezza, senza fare preferenze e senza violentare nessuno. È per tutti ma non s’impone. Esattamente così è il buon esempio: basta accorgersene, nessuno è escluso; e nello stesso tempo lascia tutti liberi di seguirlo.
Il buon sapore del frutto, infine, viene messo in rapporto con la speranza. Non poteva essere diversamente. La speranza, infatti, consiste nella capacità di intuire da segni umili e fragili la pienezza di un frutto che verrà. Speranza è virtù di chi è forte: a partire da tracce esili ma efficaci – come un barlume, capace di illuminare un’intera grande stanza – ci si fida di un traguardo di gioia che ci invaderà totalmente, anima e corpo. Antonio, a tal proposito, parla di vita eterna. È quella che comincia, qui e ora, quando si è come fiori: non solo colorati, profumati e già intrisi di buon sapore; ma anche in grado di ascoltare gli altri con attenzione vera e di carezzarli rispettosamente con la nostra vicinanza serena.
E così i sensi ci sono proprio tutti e cinque: anche l’udito di chi sa esprimere una considerazione preziosa dell’altro e il tatto di chi non teme di manifestare il suo affetto con lo slancio di una prossimità affidabile. Potremmo noi aggiungere anche il «sesto senso»? Che è forse quello di base. Ce l’ha chi ama la vita di tutti come il dono più grande.M
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