17 Marzo 2020

Coppie: formarsi per servire

È giusto trovare spazi di crescita, come singoli e come coppie. Ma poi siamo chiamati a condividere la bellezza che abbiamo incontrato e vissuto, per farla moltiplicare.

© Giuliano Dinon / Archivio MSA

«Cari Edoardo e Chiara siamo una coppia sposata da dieci anni e abbiamo due figli. Volevamo scrivervi perché leggiamo molto volentieri la vostra rubrica e spesso ci ritroviamo d’accordo con voi sul sottolineare la necessità di investire il proprio tempo di coppia in percorsi formativi sia in gruppo che come singola coppia.

Nella nostra personale esperienza è stato fondamentale partecipare sia al gruppo famiglie della nostra parrocchia sia a un percorso per coppie che viene proposto in un convento a una mezz’ora d’auto da casa nostra. Inoltre, in un recente passato, abbiamo anche partecipato a una formazione estiva che la pastorale familiare della nostra diocesi propone. Tutte queste proposte, insieme ad altre più brevi e puntuali, ci hanno regalato stimoli di crescita personali e di coppia, momenti di preghiera e di radicamento del nostro matrimonio in Cristo, tanti nuovi amici per i nostri figli e preziosi compagni di viaggio per noi come coppia.

Tutto questo non ci ha resi una coppia immune dalle incomprensioni ma, sicuramente, ci ha fatto un gran bene e ha facilitato la risoluzione di conflittualità che altrimenti, supponiamo, sarebbero state difficili e laceranti da vivere. Grazie a questi percorsi sappiamo dove e da chi farci sostenere se ne emergesse la necessità, ma, soprattutto, ci dà dei regolari punti di riferimento che ci spronano nella nostra avventura di testimoni di un amore che può durare nel tempo, fedele come quello del Padre per noi​».

Francesco e Luisa

 

Carissimi Francesco e Luisa, grazie di cuore per la vostra bellissima testimonianza. È proprio vero che abbiamo più volte suggerito di intraprendere percorsi di sostegno o recupero della relazione, in psicoterapia di coppia, nell’accompagnamento spirituale e nelle occasioni di formazione che offre la Chiesa come comunità di credenti. Anche per noi, fin da appena sposati, è stato fondamentale cercare, nella nuova parrocchia dove eravamo andati ad abitare, un gruppo famiglie con il quale intrecciare un percorso di crescita personale e di coppia. Un luogo dove costruire legami amicali che condividessero il valore del matrimonio come sacramento che fonda le proprie radici nella grazia di Cristo.

Abbiamo sempre avuto la consapevolezza che la Chiesa ci è madre e ci continua a donare ricchezze straordinarie, portandoci come persone e come coppia a Cristo, sorgente di tutto questo bene.

Potremmo dilungarci su quanto bene avete fatto ad «approfittare» di tutte le occasioni di crescita umana e spirituale che avete citato, e speriamo che la vostra lettera sia di testimonianza per altre coppie, ma vorremmo sottolineare un possibile rischio, sotteso a tutto ciò, sperando di potervi utilmente provocare.

Il pericolo è quello vissuto da Pietro, il quale, nel momento della trasfigurazione, suggerisce a Gesù «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Siccome la Chiesa può essere una buona madre, si può restare troppo a lungo figli, non volere più scendere dal monte perché l’esperienza che si sta vivendo è troppo bella e nutriente. Il rischio, cioè, è quello di indugiare nel restare esclusivi fruitori delle iniziative ecclesiali, rischiando di trasformarci da credenti a utenti, abdicando alla missione di essere a propria volta protagonisti, non solo figli ma anche padri e madri.

Non sappiamo se sia il vostro caso, ma per esperienza sappiamo che succede molto spesso, soprattutto in quelle realtà dove la proposta è bella e di qualità. La vita per svilupparsi ha bisogno di fluire e non la possiamo congelare. A un certo punto del cammino di una coppia che (giustamente) gode del bene che le iniziative pastorali specifiche per lei possono promuovere, è corretto fare quel salto di qualità che un po’ «ti scomoda» ma che «traghetta» dall’altra parte: iniziare, cioè, a essere coppia che si prende cura di altre coppie. Ricordiamo sempre che il bene che riceviamo non è solo per noi: siamo chiamati a donarlo a nostra volta, così come da altri lo abbiamo ricevuto, mettendo in circolo un comportamento virtuoso che così è destinato a moltiplicarsi.

Noi non sappiamo a che cosa voi siate chiamati nello specifico come coppia. Possiamo fare delle ipotesi: coordinare un gruppo di giovani coppie in parrocchia, fare gli animatori dell’itinerario di preparazione al matrimonio, seguire una classe di catechismo assieme, aprirvi all’affido etero familiare, entrare nella Caritas locale, e così via.

Le parole che avete ascoltato e che vi hanno aiutato come singoli e come coppia, il bene ricevuto per i vostri figli, le preziose amicizie e perfino il vostro radicarvi in Cristo, sono doni per voi ma non solo per voi. Vi sono stati donati perché possiate a vostra volta donarli.

Comunque è bene che possiate tenere un luogo di nutrimento come coppia e come famiglia, ma provando a inserire anche un’esperienza di servizio, e non perché «si deve» fare, ma perché «è bello» farlo, perché sentiamo di essere chiamati a vivere la gratuità, perché, grati del bene ricevuto, andiamo ad annunciarlo e a generarne altro.

Ovviamente questo è un monito non solo per voi due ma per tutte quelle famiglie che hanno la fortuna di camminare nella Chiesa (compresi noi che scriviamo). Allora, come dice un nostro amico frate, «All’attacco!». Non limitiamoci a fare i campeggiatori domenicali sul Monte Tabor, ma scendiamo a valle per raccontare la bellezza che abbiamo incontrato e vissuto.

Edoardo e Chiara Vian

 

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Data di aggiornamento: 17 Marzo 2020
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