04 Febbraio 2020

Neosposi e identità di coppia

Torniamo sul tema affrontato qualche mese fa (per la precisione a ottobre 2019): ma alle coppie giovani fa bene vivere accanto a genitori e suoceri?

© Giuliano Dinon / Archivio MSA

«​Nell’ultimo numero di ottobre mi ha lasciato amaramente esterrefatta il vostro articolo riguardante la “giusta distanza” tra nuove coppie e genitori, anche se le vostre opinioni le sento condivise da altri (preti e psicologi ). Quanto di seguito dico è frutto non di opinione ma di esperienza. Mi permetto pertanto alcune osservazioni: 1) nell’articolo si parla di coppie in formazione e dei loro genitori, che non sono parte presente, ma solo chiamati in causa. E i nonni e i bambini dove sono? I primi – si sa – sono ormai prodotti di scarto e li lasciamo nel loro annientamento, nella loro solitudine, nella loro mal sopportata inattività, e nell’abbandono (credetemi: ne conosco e ne ho conosciuti tanti, molti dei quali fanno spesso finta con i figli di essere contenti per non creare maggiori problemi). I secondi, i bambini, dovrebbero essere la parte sacra dell’unione della coppia. Certo, prima deve esserci la serenità nella coppia. Ma se la coppia rimane coppia e non vive in amore aperto verso chi dovrebbe far parte sempre della famiglia, è destinata a sterilizzarsi, in un rapporto esclusivo, egoistico, e possessivo, anche verso I figli. 2) A creare dissidi tra coppie e genitori, o suoceri, sono soprattutto gelosie, in particolare tra suocere e nuore. E non conta niente in questo caso la distanza. 3) I bambini con i nonni vicino crescono meglio, assorbendo una maggiore tenerezza e anche certi valori. Se si costruisce la coppia con l’amore vero si forma anche quella libertà interiore che dona sicurezza anche contro o al di fuori della possibile invadenza di altri e, più ancora, si impara a ricevere come dono quanto gli altri fanno».Giuseppa

«​Sono assolutamente d’accordo con la vostra lettera: Quando mi sono sposata, sia perché ero troppo piccola sia perché ero incinta, siamo andati a vivere a 50 metri dai miei genitori e, più o meno consapevolmente, le ingerenze di mia madre si sono fatte sentire, sia nella gestione familiare che nella crescita dei nostri figli. Ora che sono passati parecchi anni, posso dire che avrei dovuto assolutamente decidere di allontanarmi. E lo dico senza rancore...​».Lettera firmata

 

Questa volta riportiamo due lettere ricevute in risposta alla nostra rubrica di ottobre 2019 (ci scusiamo per la sintesi fatta della lettera della signora Giuseppa), nella quale rispondevamo a una madre che contestava quanto detto in un corso fidanzati alla propria figlia, cioè di andare ad abitare sufficientemente lontano dalle proprie famiglie di origine.

Per nutrire ulteriormente la riflessione sulla questione – che suscita sempre reazioni significative, perché tocca la fondante relazione tra genitori e figli – porteremo una storia, che non fa casistica, non è neppure la storia tipica, ma ha la forza del reale.

La storia è quella della nostra coppia. Io (Edoardo) e Chiara ci siamo conosciuti quando eravamo abbastanza grandi. Io stavo andando ad abitare definitivamente da solo, perché a 29 anni, dopo aver rotto con la fidanzata precedente e non avendo prospettive di matrimonio imminenti, mi sembrava giusto sperimentarmi in piena autonomia, mentre Chiara già da diversi anni viveva per conto proprio come passaggio di crescita personale e di distacco dal rapporto con una madre «troppo» attaccata a lei (il papà era deceduto da molti anni).

Nel momento in cui abbiamo deciso di sposarci, la nostra guida spirituale ci ha dato un solo criterio: la soluzione che vi permette di passare più tempo possibile assieme. La scelta ricadde sull’appartamento in cui abitavo già da solo da un anno e mezzo, a circa 20 chilometri dall’abitazione dei miei genitori e a 90 chilometri da dove abitava Chiara. In quell’abitazione abbiamo vissuto i primi quattro anni di matrimonio e sono arrivati i nostri primi due figli.

Avendo poco aiuto dalle nostre famiglie di origine, a causa della distanza, abbiamo dovuto far emergere dalla nostra coppia quella energica collaborazione necessaria a far fronte alle incombenze quotidiane e chiedere umilmente aiuto a vicini di casa e nuovi amici della parrocchia.

Questi quattro anni ci hanno aiutato a unirci e a fortificarci come coppia. Poi, con l’allargarsi della famiglia abbiamo ristrutturato casa a 30 metri dai miei genitori (nel frattempo la mamma di Chiara era morta). Appena arrivati nella nuova casa è successo un piccolo fatterello che però abbiamo saputo prendere subito in mano. La nostra nuova casa accede dal piano terra al garage; anche l’abitazione dei miei genitori vi accede, ma dal piano superiore. Mio padre un giorno fa la spesa e deve portare l’acqua in garage e, come era solito fare prima che noi andassimo ad abitare lì, entra in casa nostra (senza suonare o chiedere permesso) con le bottiglie di acqua, passa per la cucina e va a depositarle in garage e poi se ne va nella propria abitazione. Io e Chiara restiamo un po’ stupiti, perché quel tipo di azione (del tutto innocente da parte di mio padre) minava la nostra intimità di coppia e familiare. Sono andato subito a parlare con i miei e, con delicatezza ma anche con chiarezza, ho chiesto che, se volevano entrare a casa nostra, prima suonassero il campanello e che ora al giardino (a cui prima pensavano loro) avremmo provveduto noi. Se avessimo avuto bisogno di aiuto, glielo avremmo chiesto.

I miei genitori sono delle persone molto discrete e da lì in poi non si sono più verificate situazioni di invadenza, ma non sempre è così e se io e Chiara fossimo stati neosposi ancora insicuri sulla nostra identità di coppia, la cosa non sarebbe stata gestita in quel modo, molto rispettoso anche delle intenzioni buone dei miei genitori. Tutto questo richiede, infatti, che la coppia nuova abbia generato in se stessa delle premesse unitive che le permettano di avere una propria identità con la quale potersi relazionare con quella della famiglia di origine (distante o vicina che sia). Questo non lo si ha normalmente di partenza ma lo si costruisce con il tempo.

Edoardo e Chiara Vian

Volete scrivere a Edoardo e Chiara? Potete spedire le vostre mail a:redazione@santantonio.org segnalando nell'oggetto la rubrica Cari Edoardo e Chiara

oppure le vostre lettere a:Edoardo e Chiara, Messaggero di sant’Antonio, via Orto Botanico 11, 35123 Padova.

 

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Data di aggiornamento: 04 Febbraio 2020
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