Creative a Londra
Nel mondo, soprattutto in Italia, la presenza delle donne nell’arte è ancora marginale. Si pensi ai musei e alle gallerie dove i nomi femminili sono eccezioni in un elenco al maschile. Oppure si pensi a quanto piccolo è il numero delle donne che riescono a vivere della propria arte. Per secoli le donne sono state escluse da una storia dell’arte tutta al maschile, così come, in parallelo, lo sono state anche dalla storia politica e sociale, nonostante il lungo percorso di emancipazione che non è bastato a dare il giusto riconoscimento alla creatività femminile. Nei fatti, alle donne manca ancora uno spazio per esercitare il proprio genio, quella stanza tutta per sé, che più di un secolo fa Virginia Woolf indicava come condizione essenziale/esistenziale per materializzare i propri talenti, siano questi la scrittura o la pittura o la fotografia. Spazio rappresentato anche dall’autonomia economica per poter vivere della propria arte.
Un hub sul Tamigi
Londra, più di ogni altra città al mondo, è un propulsore della creatività e il luogo delle opportunità. Una risposta accogliente a quel bisogno di spazio tanto ricercato dalle artiste di tutto il mondo che qui si sono stabilite numerose per fare arte. Le artiste italiane, di cui vi proponiamo alcune storie paradigmatiche, provengono da ogni parte del Belpaese e hanno scelto questa città cosmopolita e vivace, per dedicarsi al fotogiornalismo, alla pittura e alla scultura, alla promozione dell’arte nelle comunità locali, alla cura nei musei e nelle gallerie. E attraverso l’arte si sono incontrate e hanno fatto rete nel nome di una solidarietà tra donne.
A Londra, la promozione della creatività femminile è un obiettivo importante, come dimostra l’esordio, nell’ottobre scorso, di «Women Art Fair», un evento organizzato in parallelo con Frieze London, la più importante fiera d’arte contemporanea internazionale. Con l’obiettivo dichiarato dagli organizzatori di «creare una piattaforma globale positiva dalla quale le donne artiste, curatrici e galleriste abbiano l’opportunità di esporre il loro lavoro e contribuire allo sviluppo dello scambio di idee su genere, sessualità e cultura». È infatti ancora forte lo squilibrio di genere anche nell’industria dell’arte. Come ricorda «The Art Newspaper» nell’articolo dedicato alla fiera, soltanto il 2% dei 196,6 miliardi di dollari spesi nelle aste tra il 2008 e il 2019 è stato destinato a opere di artiste donne. Molte associazioni stanno lavorando per superare questo gap culturale, offrendo nuove opportunità.
Chiara e Cristina in «We RestArt»
Chiara Canal e Cristina Cellini Antonini, rispettivamente di Padova e di Roma, hanno fondato l’organizzazione no-profit «We RestArt». Unite da ben dieci anni di amicizia e sodalizio professionale in favore dell’arte, hanno iniziato il loro percorso a Londra con la galleria Le Dame, nata per far conoscere giovani artisti italiani contemporanei nel Regno Unito. Recentemente, con la loro associazione culturale si propongono di dare voce esclusiva alle donne, creando spazi equi per la loro espressione artistica. «In questo momento le artiste italiane hanno una grande rilevanza nel nostro programma» ci dicono Chiara e Cristina. «Attraverso la loro proposta artistica e grazie alla loro disponibilità, organizziamo workshop e mostre su tematiche quali ambiente, salute mentale, identità culturale, coinvolgendo direttamente il territorio», nello specifico quello di Brent, il comune londinese in cui opera la loro organizzazione e dove lo scorso ottobre hanno inaugurato From waste to wonder, una mostra d’arte che insegna a trasformare la plastica in manufatto artistico. O con We are plastic, importante workshop sul riciclo creativo in cui i partecipanti sono stati invitati a presentarsi con la loro bottiglia di plastica da reinventare ispirandosi all’arte della grande Yayoi Kusama.
Un grande sostegno all’arte impegnata quello di «We RestArt» che porta avanti anche un progetto di supporto ad artiste rifugiate e che, non a caso, gli è valso l’AI Award, importante riconoscimento nel Regno Unito. «Tutto questo è possibile grazie a finanziamenti e sovvenzioni pubbliche riservate all’arte al femminile, che contribuiscono a creare spazi culturali inclusivi, promuovere iniziative di sensibilizzazione che affrontino temi legati al ruolo delle donne nell’arte», ci spiega Chiara. E un progetto come il loro potrebbe avere un impatto positivo anche in Italia «incoraggiando le donne ad esprimersi attraverso l’arte e a condividere le proprie storie e prospettive». «Siamo convinte che, attraverso il potere straordinario dell’arte e della cultura – concludono le due amiche – si possa contribuire ad affrontare le questioni complesse, quali sessismo e discriminazione, promuovendo l’empowerment femminile».
Elisa Cantarelli. Artista multidisciplinare
Elisa si trasferisce a Londra a 27 anni «con le idee chiare»: sceglie di «buttarsi a capofitto nella carriera d’artista» ci racconta lei stessa, lasciandosi alle spalle il mondo italiano dello sport. Originaria di Salsomaggiore Terme (Parma), classe 1981, con una laurea all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, Elisa è una creativa-sportiva che ha saputo trasferire «l’umiltà, la passione e un briciolo di competizione imparati sui campi da basket» alla sua sfera creativa, sempre sostenuta anche dalla famiglia che, come dice lei, «mi ha lasciato studiare ciò che più mi piaceva e mi ha lasciata libera di partire alla ricerca di qualcosa di più grande di me».
Diverse le collaborazioni con gallerie internazionali, tanti i suoi progetti artistici di successo, tra cui la partecipazione, come guest artist, ad Artrooms Fair nel 2018, dove ha conosciuto Chiara e Cristina, al tempo organizzatrici della fiera e con cui collabora ancora oggi con i progetti di «We RestArt». «Quell’esperienza – ricorda Elisa – mi ha dato la possibilità di conoscere un team di donne italiane che come me vivono e lavorano a Londra da anni, con le quali si è instaurato uno splendido rapporto lavorativo che ha condotto a importanti esperienze per la mia carriera». Così un altro incontro significativo, quello con Sandra Sanson, gallery manager e cultural project designer per Cris Contini Contemporary, che l’ha portata a realizzare l’installazione WRP WITHout esSENZA per la 59ª Biennale di Venezia, per il padiglione della Repubblica di San Marino, con un progetto di arte green che mette al centro la sostenibilità e il riutilizzo. Nello specifico, un’installazione di bottiglie di plastica monouso reinterpretate con la tecnica che la contraddistingue, il dotting, per stimolare l’immaginario dei visitatori intorno alle emergenze ambientali contingenti.
«Credo che dotting sia l’evoluzione dei miei giochi preferiti di bambina: puzzle e libri da colorare: un insolito metodo per colorare con gocce di pittura, puntini che vanno a comporre un’immagine, come i pezzi di un puzzle» ci racconta. Dopo 9 anni e dopo un figlio nato nel 2019, Londra rimane ancora lo spazio di Elisa come donna e come artista perché «nonostante richieda tantissime energie per viverla, anche economiche, quello che fa Londra è caricarti come una molla per far esplodere la creatività costantemente, e si diventa dipendenti da questa adrenalina!».
Carolina Rapezzi. Fotogiornalista
«Non avevo previsto una permanenza così lunga» esordisce Carolina, ricordando il suo arrivo nel Regno Unito nel 2013 dopo una laurea in Scienze della comunicazione a Firenze. In città alla fine ha costruito il suo spazio e oggi è una giornalista freelance a tempo pieno, «cosa non semplice» ammette, non avendo studiato in Inghilterra ed essendo fotografa autodidatta. Nonostante questo, è riuscita ad entrare a far parte della prestigiosa «National Union of Journalists» e pure del collettivo «Women Photograph», un database internazionale di sole donne fotografe freelance. «Londra è stata determinante per vari aspetti» ammette, poiché con la sua multiculturalità le ha permesso di «accedere e iniziare storie di respiro internazionale partendo da persone o esponenti di comunità immigrate che vivono in città», ma anche «di imparare aspetti del giornalismo anglosassone». Con le sue fotografie, Carolina racconta storie di problemi sociali, umanitari e ambientali, dalla crisi dei rifugiati in Sicilia e in Francia alle proteste politiche a Londra, per passare alle storie di migrazione in Ghana. Talento e sensibilità premiati con diversi riconoscimenti, tra cui l’importante primo posto nel prestigioso Lens Culture Art photography Award con una delle immagini della serie Burning dreams che ritrae una giovane venditrice d’acqua nella discarica di rifiuti elettronici di Agbogbloshie in Ghana, riconosciuta anche con il premio al Magenta Foundation Flash Forward.
Alcuni dei suoi progetti mettono in luce gli aspetti contraddittori della società inglese, come quello del crime knife, una vera e propria piaga sociale, che l’ha portata a seguire delle storie legate alla criminalità giovanile. Nel 2022, grazie a un grant ricevuto dal Journalismfund Europe, ha lavorato a un progetto cross-border: un’inchiesta sulle politiche per l’integrazione di studenti richiedenti asilo, rifugiati e migranti economici nelle scuole secondarie europee. Recentemente il suo percorso di fotografa ha incontrato quello di Elisa Cantarelli e delle ragazze di «We RestArt» nella mostra From waste to wonder. Il progetto ha richiamato la comunità locale a partecipare a workshop creativi sulla trasformazione dei rifiuti per scopi artistici. Gli eloquenti ritratti scattati da Carolina, ora in mostra al centro civico di Brent, celebrano i protagonisti di queste attività e la loro esperienza di rivalutazione artistica della plastica.
Queste storie si intrecciano dando un bell’esempio di solidarietà al femminile. Dopotutto, forse, sarebbe utile anche questo alle donne per trovare il loro spazio, non solo nel Regno Unito, ma anche in Italia. Quel che servirebbe al nostro Paese è un cambio di mentalità, una trasformazione culturale che restituisse dignità al femminile in tutte le sue forme, tra queste anche quella della produzione artistica. Mentre non sappiamo se l’Italia sia ancora pronta a un cambiamento di questo tipo, non ci resta che ammirare il coraggio di chi ha saputo partire alla ricerca di uno spazio tutto per sé.
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