È il momento favorevole
Ci siamo. Anche quest’anno è giunta la Quaresima: vi propongo qui una riflessione dei frati del Santo su come vivere al meglio questo tempo, anche in compagnia del nostro sant’Antonio. «Ecco il momento favorevole» (2Cor 6,2). Queste parole risuonano ogni anno all’inizio del tempo di Quaresima: come viverlo con frutto? Tentiamo di applicarci nel fare «qualcosa di più» del normale, per migliorarci, per diventare «più buoni», forse… ma ci rendiamo conto che i nostri sforzi non sono molto efficaci: la vita, che con le nostre mani abbiamo cercato di raddrizzare, torna spesso come prima. In realtà, la Pasqua è anzitutto dono che il Signore fa, non una nostra conquista; la prima conversione che il cristiano è chiamato a realizzare è rendersi conto che non è il proprio impegno che detta il passo nel cammino, ma il desiderio dell’incontro del Risorto.
In tal senso, il nostro compito è quello di fare spazio all’accoglienza del dono, rimuovendo gli ostacoli che la impediscono. Fin dall’antichità, un comportamento che ci orienta in questa direzione è il digiuno, la rinuncia alla soddisfazione immediata di un nostro desiderio. Si tratta di una pratica che è stata intesa in diversi modi: la privazione del cibo è senz’altro quello più comune; un altro più attuale è l’astenersi dalla televisione o da internet e dai social; oppure il digiuno degli occhi, dagli sguardi possessivi (o addirittura pornografici); infine, il digiuno dalle chiacchiere inutili o dalle parole inopportune.
Anzitutto ci accorgiamo che non si riesce a gestire questa rinuncia senza un motivo, come può essere vincere un vizio personale (ad esempio l’ingordigia o il fumo) oppure il marito o la moglie che ti dice: «Stai più sui social che con me». Ma poi: che fatica perseverare! La difficoltà, in questi casi, nasce perché si crea uno spazio libero che chiede di essere riempito, e mi scopro a vivere nella continua attesa di soddisfare la mia brama con l’oggetto desiderato. Questo è un esercizio (un’ascesi) che può far bene, perché dilata lo spazio del desiderio e ci insegna a non aver tutto subito. Se però è vissuto solo come privazione e differimento di una certa azione, non funziona: è uno sforzo nel quale mi impegno a resistere a tutti i costi… finché cedo.
Al contrario, quello spazio vuoto necessita di essere riempito con qualcos’altro, che però sazi davvero. Paradigmatica, in questo senso, è la risposta di Gesù (ripresa dalla Scrittura) al tentatore nel deserto: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Se mi privo del cibo, ho bisogno di saziarmi con un altro cibo, in termini soprattutto di relazioni vissute: condividere del tempo con un amico, prendermi cura di una persona cara, leggere un libro, dedicare uno spazio a chi non sento da tanto, mettermi in ascolto della parola del Signore. Non per niente la sapienza della Chiesa ha sempre accompagnato il digiuno con l’elemosina e la preghiera: atti che riempiono lo spazio liberato con l’attenzione verso l’altro e la relazione con Dio.
Sant’Agostino legava le tre azioni con l’immagine del volo: «Vuoi che la tua preghiera voli fino a Dio? Donale due ali: il digiuno e l’elemosina». Il percorso della Quaresima è quindi occasione per imparare a vivere più pienamente le relazioni: per questo è anzitutto necessario togliere qualcosa (che spesso è superfluo) all’io per fare spazio all’altro e alle meraviglie che Dio compie in noi. È l’esperienza che ha vissuto sant’Antonio e che si estende alla vita di tanti anche oggi; un modo per entrare in questa storia di grazia ci è offerto dalla pratica dei 13 martedì che precedono la festa del Santo: opportunità di meditazione, riflessione e preghiera alla luce della Parola di Dio e in compagnia del dottore evangelico.
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