Gli apatici della democrazia

Sale l’astensionismo in Italia e non solo. Per chi davvero vuole sapere che cosa sta succedendo - e non è la politica - ci sono dati rivelatori.
04 Marzo 2025 | di

Il momento più «sacro» in una democrazia è quello elettorale, quando la cittadinanza decide a chi affidare rappresentanza e potere. Questo concetto a parole lo ripetono tutti, ma resta una domanda: nella realtà poi che succede? Nel 2024 abbiamo avuto le elezioni europee, i votanti italiani sono stati 24 milioni su 51 aventi diritto. In percentuale fa esattamente il 48,3. Provate a vedere qual era invece il livello di partecipazione al voto nel 1994, all’epoca di quella Tangentopoli che aveva sconvolto la politica italiana. A quel tempo andarono alle urne (sempre alle Europee) 35 milioni di italiani pari al 73,6%. Da allora ce ne siamo persi undici, dove sono finiti? Nel 2024 si è votato pure in sette regioni. In due, Emilia Romagna e Basilicata, si è scesi sotto il 50%, nelle altre cinque lo si è superato di poco. Insomma, gli appuntamenti elettorali restano ancora «sacri», ma il «rito» coinvolge ora solo una persona su due. Come mai? Alle forze politiche la questione interessa fino a un certo punto. Per chi guida le liste in corsa l’importante è vincere. Sulle astensioni allora si spendono per lo più parole di circostanza, poi il «campionato della politica» riprende come se nulla fosse, anche perché in questi appuntamenti non esiste (come per i referendum abrogativi) un quorum da superare.

Per chi vuole capire le ragioni del boom degli astenuti la questione è invece di estrema importanza. Anche perché una chiave di lettura c’è. Dopo le europee, l’Ipsos, Istituto di ricerca di comprovata serietà, è andato a verificare la condizione sociale degli astenuti. È emerso un dato clamoroso: ben il 75% delle persone collocate nella fascia economica bassa non ha partecipato al voto, contro il 32% di quelli in posizione «elevata». A guidare la «legione degli assenti», i disoccupati/e col 72%, poi casalinghi/e col 64%, operai/ie, commercianti, artigiani/e. C’è poi una seconda «frattura», quella riguardante la scolarità. Tra i laureati non ha votato il 38% ma fra quelli con licenza media o elementare la quota è del 62%. Si potrà obiettare che si trattava delle europee. Ma non è così: un sondaggio di fine 2024 conferma i dati pure per eventuali elezioni politiche: il nucleo forte dei probabili astenuti sta ancora nel 63% dei poveri e nel 51% dei poco istruiti.

Premesso che il fenomeno non è solo italiano, la situazione sembra riportarci a fine Ottocento: a una democrazia dei benestanti e degli istruiti. Tutto questo potrebbe dipendere dall’insoddisfazione dei cittadini in difficoltà, che non trovano risposte in ciò che fanno i partiti. Potrebbe essere, insomma, un problema circoscritto. Ma se proviamo ad allargare lo sguardo, vediamo ben altro. Il Censis ci dice che un italiano su due non legge neanche un libro all’anno, solo uno su quattro ne legge almeno tre. C’è poi un dato quasi sconosciuto. Riguarda il fenomeno del «rifiuto delle notizie». Per il Reuters Institute, da noi il 36% delle persone non vuole sapere che cosa accade nel mondo perché pensa sia inutile, si sente impotente. Che cosa fare davanti a questi «astenuti» dalla lettura, dalla vita pubblica? Sono due gli atteggiamenti possibili. Da un lato quello facile: colpevolizzarli. Dall’altro chiedersi quali siano i comportamenti possibili per ascoltarne il disagio, per riavvicinarli in termini di tematiche, linguaggi, proposte. La cosa fondamentale è non rassegnarsi a una società spaccata in due. Non ne può uscire nulla di buono.

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Data di aggiornamento: 04 Marzo 2025

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