Conflittualità

Quella di dialogare è una capacità oggi purtroppo svalutata. Ma l'intelligenza artificiale non può sopperire alla fatica feconda dell'ascolto reciproco.
02 Marzo 2025 | di

Abbiamo disimparato l’arte del dialogo. Nel dibattito pubblico e nelle relazioni interpersonali, la discussione si riduce a una guerra tra posizioni contrapposte, senza la minima intenzione di intendersi, e con l’unica volontà di prevalere sull’altra parte. Questo comporta un duplice impoverimento: da un lato le posizioni accentuano le loro incompatibilità, si estremizzano, e così facendo cadono nella faziosità. Dall’altro viene meno quella capacità tipicamente umana di ascoltare le ragioni dell’altro anche quando non si è d’accordo, per cercare un terreno di intesa comune.

Questa capacità non solo non è coltivata oggi, ma viene addirittura svalutata. Tanto che si sta pensando di affidare all’Intelligenza artificiale la risoluzione delle controversie: se gli umani non riescono a mettersi d’accordo, se nessuno vuole ammettere che l’altro possa avere almeno una parte di ragione, ecco che si è pronti ad affidarsi alla «neutralità» dell’algoritmo. Sta nascendo, infatti, un’applicazione di Intelligenza artificiale chiamata «macchina di Habermas», dal nome del filosofo che ha dedicato gran parte della sua opera all’agire comunicativo orientato all’intesa. Messa a punto dalla società DeepMind che fa capo a Google, l’applicazione utilizza la capacità dell’IA generativa di produrre riassunti, e di anticipare le probabilità per arrivare a un consenso nelle discussioni di gruppo integrando punti di vista conflittuali. Evitare la fatica feconda dell’ascolto reciproco è davvero un passo in avanti?

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Data di aggiornamento: 02 Marzo 2025
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