Il fenomeno Capossela
C’è qualcosa che mi ha molto «preso» nell’ultimo cd di Vinicio Capossela, un cantautore unico nel suo genere e che è qualcosa di più di un cantautore. È in vero un poeta, e forse addirittura il maggiore della poesia italiana contemporanea. Seguo Capossela da sempre, perché ammiro il suo modo di recuperare una tradizione popolare molto italiana, contadina e arcaica e moderna, ma il cd di cui parlo (Ballate per uomini e bestie) va molto oltre, il passato gli serve per affrontare le ansie di oggi, le preoccupazioni di oggi. Quelle solite, certo: l’ingiustizia, la fame, le guerre, l’ambiente, e insomma la nota crudeltà dell’uomo «lupo all’uomo» e anche agli animali, alle piante, alla natura... A chi ha altri colore e fede, a chi viene da lontano. Canzone per canzone, è una storia per sommi capi del cammino dell’uomo, sempre incerto sulla sua vocazione, che punta l’accento su quel che di buono l’uomo nella sua storia di affermazione e di violenza ha saputo fare, perché da quella coscienza debba prendere l’aire per affrontare il nostro presente di dubbio futuro.
La figura di Gesù compare qui come qualcuno che ha saputo dire di no al male che è in noi e nelle società che abbiamo costruito. Società e natura mescolano le loro tensioni, e Capossela non nega il male ma esalta le tensioni positive, antiche ed eterne e anche nuove, e che hanno il nome di solidarietà, ecologia, pace, nella non accettazione del male che è in noi, nella natura, nella società. Sono belle tutte ma le mie preferite sono I musicanti di Brema, una favola in cui animali domestici in fuga fanno banda per rallegrare e predicare, o La giraffa di Imola, cronaca vera e felliniana della fuga di una giraffa dal circo (la poesia?) che si aggira in mezzo al comune squallore delle città, ma preferisco, in omaggio al luogo in cui scrivo, ricordare Perfetta letizia, che esalta il dono che abbiamo ricevuto «di vincere se medesimi e superare noi stessi», perché «nostra è la croce / e il saperla portare».
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