25 Agosto 2021

Il fiume dei miracoli

Ha saputo resistere all’invasione della più grande acciaieria d’Europa, si è ribellato al suo inquinamento, ha tenuto in vita la sua leggenda per dare frammenti di speranza ai tarantini… Il fiume Tara è davvero capace di prodigi.

Il fiume dei miracoli

I fiumi, nella piana costiera a occidente di Taranto, sono brevissimi. Altrove non conquisterebbero il titolo di «fiume». Ma il Tara, due chilometri dalle sorgenti al mare, ne ha la portata (costante tutto l’anno, acque sotterranee che riemergono dalle fratture delle gravine), ne ha la storia, la leggenda e la sacralità.

Mi raccontano che, anni fa, una donna di ottantadue anni, scese fino alle sponde del fiume portando con sé una piccola statua in gesso della Madonna. Arrivava da Tursi, paese dell’entroterra lucano. Ricordano che si immerse là dove il fiume fa una curva per dirigersi al mare, qualcuno l’aiutò a sollevare e sistemare la statua sulla riva opposta, un’ansa rialzata, la Madonna ancor oggi guarda la corrente scorrere verso lo Ionio. La donna aveva compiuto un gesto di riconoscenza e fede: le acque del fiume Tara avevano compiuto innumerevoli «miracoli», avevano placato i dolori di ernie, discopatie, flebiti di quel piccolo popolo di fedeli che, nel tempo, vi si era immerso

I tarantini, da sempre, credono nelle capacità terapeutiche di queste acque e, appena è possibile, vi si immergono e vi galleggiano incuranti della loro temperatura. Cercano un sollievo, un refrigerio, la possibilità magica di una cura. Nei mesi delle buone stagioni le sue sponde si affollano, vi sono spiazzi e piccole spiagge fra i canneti della sua vegetazione. Mercanti popolari portano frigoriferi, vi mettono del ghiaccio e vendono bibite. È come passare del tempo in una fiera. In molti vengono qui dal Salento, dalle piane di Metaponto, dai paesi vicini. I miti del fiume Tara si confondono: qui, duemila anni prima di Cristo, sbarcò il figlio di Nettuno, dio del mare, e della ninfa Satyria, si chiamava Taras e il suo nome avrebbe lasciato tracce in questi mari. Fondò il primo nucleo di Taranto e poi scomparve nelle acque del piccolo fiume. 

Si racconta che, in un tempo indefinito, un fattore ordinò a un contadino di uccidere un asino, oramai incapace di lavorare. L’animale venne gettato nel fiume, ma un altro contadino non accettò la sua condanna. Salvò l’asino, lo lavò, lo asciugò, lo massaggiò con i fanghi e lui ritrovò le sue forze. Il primo miracolo. I bagnanti del fiume spiegano che le sue acque provengono dai Balcani, passano sotto l’Adriatico e riemergono qui. Non è vero, ma il Tara è davvero capace di prodigi: è un fiume di magia, di credenze, di fede; questo è un paesaggio rituale. Ha saputo resistere all’invasione della più grande acciaieria d’Europa, si è ribellato al suo inquinamento, ha tenuto in vita la sua leggenda per dare frammenti di speranza ai tarantini.

Il primo settembre si festeggia «la Madonna del Fiume». Uomini e donne si riuniscono di fronte alla sua statua, Clelia intona un rosario e un canto dolcissimo, si sta immersi nell’acqua sussurrando preghiere. Poi qualcuno andrà a prendere cibo, frutta, dolci, schiacciate, caffè e sambuca. Salta fuori un tavolo. Un’allegria necessaria, una sfida all’onnipotenza della modernità, una ritualità popolare, fragile, antica che fronteggia la frattura e i malanni dell’acciaio, e crea, per un breve tempo, il miracolo di un’effimera comunità. Un altro miracolo. 

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Data di aggiornamento: 25 Agosto 2021
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