Il mite Benedetto
Il mite papa Benedetto è stato forte nella denuncia della tanta «sporcizia» che è nella Chiesa. L’enciclica Deus Caritas est (2006) è il capolavoro del suo Pontificato. La sua teologia della carità trova un prolungamento nella predicazione della misericordia di Francesco. I tre volumi su Gesù di Nazaret sono il suo lascito più duraturo. Rinunciando al Pontificato e continuando a parlare da Papa emerito ha dato due prove straordinarie di libertà. Viene eletto Papa il 19 aprile 2005 da un Conclave durato due soli giorni. Scelto dai cardinali elettori nonostante l’età avanzata, 77 anni, in segno di continuità con il pontificato di Giovanni Paolo II di cui era stato il principale collaboratore. Assume il nome di Benedetto in riferimento a san Benedetto patrono d’Europa e a Benedetto XV, il Papa che qualificò come «inutile strage» la prima guerra mondiale. Si presenta alla folla di piazza San Pietro come «semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore».
I temi dei Sinodi ordinari celebrati sotto il suo Pontificato (Eucaristia 2005, già indetto da Giovanni Paolo II; Parola di Dio 2008, Nuova evangelizzazione 2012); quelli degli anni pastorali («Anno paolino» 2008-2009, «Anno sacerdotale» 2009-2010, «Anno della fede» 2012-2013, concluso dal successore) e quelli delle encicliche (Deus caritas est 2005, Spe salvi 2007, Caritas in veritate 2009, Lumen fidei che sarà completata e pubblicata dal successore nel 2013) danno una chiara idea delle priorità che Benedetto assegnò al suo pontificato: i fondamenti della fede, le virtù teologali, l’evangelizzazione.
Interrogato da emerito su quale riteneva fosse stato il «segno distintivo» del suo papato, così rispose: «Un rinnovato incoraggiamento a credere, a vivere una vita a partire dal centro, dal dinamismo della fede, a riscoprire Dio riscoprendo Cristo» (nel libro intervista con Peter Seewald Ultime conversazioni, 2016). L’idea di aiutare l’umanità di oggi a «riscoprire Dio riscoprendo Cristo», Benedetto l’ha perseguita in tutta la sua predicazione (Angelus, omelie, catechesi) ma anche con la pubblicazione di tre volumi intitolati Gesù di Nazaret (2007, 2011, 2012) che forse resteranno nella storia del papato come la sua aggiunta più originale alle abituali attività dei «vescovi di Roma»: non un’opera di magistero, ma la testimonianza della propria «ricerca personale del volto del Signore». Aveva avviato questo lavoro da cardinale e l’ha ultimato da Papa. Voleva con esso mostrare come si potessero fare propri i risultati dei metodi moderni di interpretazione della Scrittura, senza perdere la tradizionale fiducia delle Chiese storiche nella parola dei Vangeli.
Tra gli atti di governo di Benedetto XVI vi sono – in primo piano – quelli riguardanti lo scandalo degli abusi sessuali contro minori da parte di membri del clero: più severe procedure nell’accertamento delle responsabilità, proposta di cammini penitenziali per le comunità locali dove lo scandalo si è manifestato, richiesta di perdono, abbraccio alle vittime. È stato il tema sul quale le decisioni di questo Papa sono state più apprezzate. Egli era preparato a tale opera di conversione e pulizia dalla conoscenza diretta della materia maturata negli anni vissuti da prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Ha aiutato la Comunione cattolica a maturare un atteggiamento meglio rispondente alla gravità dello scandalo e ha segnato una via, che i media hanno chiamato della «tolleranza zero», che è stata poi seguita dal successore.
In molti dei 24 viaggi fuori d’Italia compiuti negli otto anni di pontificato, ha incontrato le vittime degli abusi, conversato e pregato con loro. Avvenne, per esempio, negli Stati Uniti, in Australia, a Malta, in Gran Bretagna, in Germania. Quanto ai testi con cui ha chiamato la Chiesa a conversione su questa spinosa frontiera, il più completo è la Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda del marzo 2010.Altre decisioni prese da papa Ratzinger non hanno trovato altrettanto consenso. Tra esse, il «Motu proprio» Summorum pontificum (luglio 2007), che liberalizzò il Vetus Ordo della Messa, cioè il Messale della liturgia romana precedente alla riforma conciliare; e la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus (novembre 2009) sull’istituzione di ordinariati per l’accoglienza nella Chiesa cattolica di gruppi di fedeli anglicani. Il «Motu proprio» era mirato a contenere il contrasto interno alla Comunione cattolica seguito alla riforma liturgica di Paolo VI; la Costituzione apostolica andava incontro all’ala tradizionalista del mondo anglicano, ma di fatto anche introduceva nell’ordinamento della Chiesa cattolica latina il clero sposato e autorizzava esponenti di questo clero ad accedere al ruolo di «ordinari», parificandoli giuridicamente ai vescovi.
Quanto all’attività ecumenica e interreligiosa, va segnalato che papa Ratzinger, seguendo il predecessore, ha visitato negli anni tre sinagoghe (Colonia, New York, Roma) e tre moschee (Istanbul, Amman, Gerusalemme). Nel 2011 ha convocato una nuova Giornata interreligiosa ad Assisi, nel 25° del primo di tali eventi, che era stato voluto da papa Wojtyla. Anche la rinuncia al Pontificato, annunciata l’11 febbraio 2013, può essere considerata come un atto di governo destinato a incidere sulla storia del papato, che non conosceva più tali rinunce in epoca moderna. Con essa il timido Benedetto ha dato prova di una libertà intellettuale straordinaria, paragonabile solo – in epoca contemporanea – a quella che 54 anni prima aveva permesso a Giovanni XXIII di azzardarsi a convocare un Concilio. Di libertà intellettuale Benedetto ha dato prova anche da emerito. Nei giorni della rinuncia aveva detto che si ritirava «nel silenzio», ma Francesco subito l’invitò a parlare e lui non si è fatto pregare. Nei dieci anni che ha vissuto da emerito ha preso la parola – con lettere, omelie e persino con un libro intervista – una trentina di volte e anche su questioni disputate. Sempre con garbo e prudenza, ma anche con l’abituale suo spirito libero.
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