Il riciclo dell’inconscio collettivo
La nostra associazione (Stracomunitari, a Senigallia) è impegnata da anni nella distribuzione di generi alimentari. Ma anche l’anima va nutrita. Così abbiamo cominciato a raccogliere libri, fumetti e riviste da privati che vogliono liberarsene. Un amico ingegnere si è presentato nella nostra sede con uno scatolone pieno di riviste e libri. Prima di andarsene, ha sfogliato i libri, come per dare loro un ultimo addio. E nel fare questo si è imbattuto in una vecchia dedica, che con cura ha ritagliato e messo in tasca. Avrei desiderato sapere che cosa si celasse in quella pagina, per una, diciamo così, «questione sociologica».
Mi spiego. Oggi, per farsi un’idea della sfera emotiva, e non solo, di chiunque basta spulciare i social. Ma dei pensieri intimi dell’umanità pre-social abbiamo pochissimo materiale. Perché è tutto custodito nelle lettere, nei diari, negli appunti e… nelle dediche sui libri. Tutto questo può essere solo il frutto di una mente vintage, con sinapsi marcatamente analogiche, abituata ai supporti cartacei e che fatica ad abituarsi al digitale. Noi boomer, in fondo, siamo plasmati da tutto un armamentario immaginifico in bianco e nero della beat generation e ora ci troviamo ad annaspare nel mondo colorato della bit generation. Ma la questione è anche interculturale.
Quando, infatti, si parla di integrazione dei migranti bisogna tener conto che sono spesso giovani che vengono a vivere in società fatte in buona parte di anziani. Ecco quindi che l’aneddoto di cui sopra può aiutare a conoscere meglio la società che accoglie. Tra l’altro, la nostra associazione si occupa anche di riciclo ed è contraria a ogni spreco. E tra il tanto materiale scritto destinato alle discariche c’è una discreta quantità di «inconscio collettivo». E noi anche questo vogliamo riciclare.
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