Il senso delle cose
Il filosofo Aristotele definiva l’uomo un «animale sociale». Oggi, dopo quello che è accaduto tra Russia e Ucraina e la risposta che è stata data a questa guerra, possiamo meglio definirlo un «animale solidale». È impressionante e ridona fiducia nell’umanità vedere come, a fronte di una guerra assurda, si siano mobilitate moltissime persone, energie, risorse. Dopo la pandemia, l’ulteriore shock di una guerra così vicina è stato capace di rompere, con le parole di Hélder Câmara, «quella crosta di egoismo che tenta di imprigionarci nel nostro io».
Tante case si sono aperte, iniziando un’avventura di accoglienza che rigenera chi ospita e chi è ospitato, in una reciprocità che regala vita nuova e aiuta ad attraversare il trauma della perdita e dello spaesamento. A non perdere la speranza. A vedere il mondo non come un accumulo di enclave segnate da confini impermeabili che separano nemici, ma come un arcipelago di isole bagnate da uno stesso mare, dove tutto è connesso e dove non possiamo pensarci gli uni a prescindere dagli altri. Impariamo a pensarci come una famiglia umana, dove si è tutti diversi e tutti legati.
Impariamo dall’assurdità della guerra a vedere quello che suggerisce Antoine de Saint-Exupéry ne La Cittadella: «il nodo divino che unisce le cose, / più importante del pane che mangi, / perché l’uomo non vive delle cose / ma del senso che le unisce / e fa di lui, insieme agli altri, un tempio per la gloria di Dio».
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