«Il sole non scalda chi sta in mezzo alla strada»
Daniele Sanzone (voce), Enzo Cangiano (chitarra e programming), Gianluca Ciccarelli (basso), Mirko Del Gaudio (batteria), ovvero gli ’A67, band di Scampia, quartiere nord di Napoli. Di recente i quattro, insieme con gli special guest Daniele Sepe (sax tenore in Sempe cu’ tte), Luca Aquino (flicorno) e Massimo D’Ambra (tastiere) in SS 162, Elisabetta Serio (piano e rhodes) in Ammore mi’, hanno inciso il nuovo disco Jastemma, registrato, missato e masterizzato da Enzo Rizzo allo Soulfingers studio della città partenopea. Interamente dedicato all’amore, ripercorso in tutte le sue manifestazioni, il nuovo album (rigorosamente in napoletano) della band, nell’alternarsi di diversi registri espressivi, si leva come un ostinato inno alla vita il cui significato più profondo si svela anche nei racconti che i brani hanno ispirato a quindici scrittori (tra cui Nicola Lagioia, Loredana Lipperini e Angelo Petrella), in una interessante «estensione letteraria» del disco. Delineando un potente affresco sui sentimenti umani, racconti e poesie disvelano la novità di un progetto artistico concepito come un sistema performativo in cui le storie cantate germogliano in altri racconti, in una proliferazione di senso accentuata dai dipinti e disegni realizzati per l’album da Mimmo Paladino. Nell’alternarsi di diversi registri musicali, dal rock al reggae, si passano in rassegna le differenti espressioni di un sentimento fondamentale nella vita di tutti, ma senza mai dimenticare le scelte di campo che da sempre contraddistinguono il gruppo. E proprio per parlare di queste scelte, dell’interessante formula dell’album e del legame della band con il territorio d’appartenenza, abbiamo incontrato Daniele Sanzone.
Msa. ’A67: il nome del vostro gruppo, che richiama la zona 167 (Napoli Scampia), è fortemente identitario e riflette una forte appartenenza territoriale. A distanza di diciassette anni dal disco d’esordio, come si è sviluppato ed è maturato questo legame?
Sanzone. Agli inizi eravamo tutt’uno col posto dal quale proveniamo, in un rapporto totalizzante che, anche grazie alla musica, si è evoluto ed è maturato. Suonare in lungo e in largo per l’Italia ci ha fatto capire quanto Scampia fosse simile a tutte le periferie italiane, al punto che il nostro secondo album l’abbiamo intitolato Suburb. Oggi comunque il nostro quartiere continua a essere fonte di ispirazione, così come la nostra città. Diciamo che Scampia è il posto da dove partiamo per parlare al mondo.
Jastemma è un disco dedicato all’amore in tutte le sue forme, con canzoni che hanno ispirato i racconti di quindici scrittori. Come è nata e si è sviluppata questa idea?
Dieci anni fa uscivamo con Naples Power (Free-d Music), un disco in cui rivisitavamo brani dei grandi artisti napoletani, avendo come ospiti gli stessi autori delle canzoni. Non contenti, «affidammo» gli artisti scelti ad altrettanti scrittori affinché scrivessero brevi racconti ispirandosi alle loro canzoni, e la copertina la chiedemmo al maestro Mimmo Paladino. Con Jastemma (Squilibri Editore) abbiamo voluto ripetere la stessa operazione, ma questa volta con canzoni nostre. Ci piaceva l’idea che dalle nostre note e parole potessero nascere nuovi versi e nuove storie.
Già per il primo disco, ’A camorra song’io, avevate scelto un titolo molto forte. Ora Jastemma, cioè, Bestemmia: perché questa scelta?
Ci è sembrato il titolo più adatto per quest’album e per questi tempi. Il disco è stato registrato durante il lockdown. Mentre il silenzio e la morte avvolgevano le città, istintivamente ci è venuto di parlare d’amore, come se non ci fosse niente di più importante al mondo, perché, come cantava Sergio Bruni «L’ammore è ‘o cuntrario d’ ‘a morte». E l’amore a Napoli è sempre sanguigno e viscerale, turbolento e passionale, un amore che fa quasi «bestemmiare».
Come trovate il «calore» e la motivazione?
La musica è un viaggio, spesso ci si stanca, addirittura ci si ferma, ma per poi riprendere il cammino con maggiore forza e se è possibile con più voglia. Ciò che ci motiva ogni volta è sempre fare qualcosa di nuovo, confrontarsi con artisti, generi e codici diversi. Il confronto aiuta a crescere e stimola sempre. In particolare, poi, questo disco è nato anche grazie all’arrivo del nuovo batterista, Mirko Del Gaudio, con il quale si è creata subito una grande alchimia. L’arrivo di Mirko ha portato grande entusiasmo, così ci siamo chiusi in studio per lavorare a una nuova musica.
Nei vostri testi è evidente il desiderio di lanciare messaggi significativi. Pensate che la musica possa ancora avere un ruolo importante per il riscatto e l’emancipazione delle persone?
La musica, quando è fatta bene, può servire a far riflettere, anche solo per un attimo, chi l’ascolta. A volte basta una parola, una melodia, un’atmosfera per far entrare in un mondo o semplicemente per riconoscersi.
Jastemma è il frutto di un mix interessante di varie influenze musicali. Quanto è importante per voi la ricerca musicale?
La ricerca musicale per una band come gli ’A67, che ha cambiato suono in ogni disco, è linfa vitale, è ciò che ci spinge ad andare avanti.
I nuovi media hanno contribuito alla diffusione di contenuti: ogni settimana nel mondo esce un’enorme quantità di album, tra i quali è facile perdersi. Che cosa suggerireste a un giovane che voglia approcciarsi oggi alla musica?
Di imparare a suonare uno strumento e di ascoltare quanta più musica possibile.
Voi raccontate la Napoli delle periferie in un modo diverso rispetto agli stereotipi narrativi «Gomorra style». La vostra è una Napoli che si ingegna e si impegna nel quotidiano. In tutti questi anni, che cosa è cambiato a Scampia? Che cosa si potrebbe fare di più?
In questi anni è cresciuta la consapevolezza degli abitanti. Le persone oggi iniziano a percepire e a vivere il quartiere in modo diverso, addirittura sono aumentate le denunce per spaccio. Ma il vero cambiamento ci sarà solo quando arriverà il lavoro, l’unica alternativa dignitosa per chi vive ai margini.
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