Il valore della vita
Worth significa in inglese «valore» e qualcuno che non vale nulla si dice worth nothing. La bioetica si confronta spesso con la questione dell’equità (fairness) e si pone domande estreme. Quale vita va salvata tra due vite che sono in urgente pericolo, ma che non possono essere difese entrambe, poiché mancano – ad esempio – sufficienti apparecchiature di sostegno vitale? Come fare una graduatoria di priorità (priority ranking) nelle liste d’attesa per le cure? Si deve scegliere casualmente, magari tirando a sorte, sulla base dell’evidenza morale che tutti i cittadini sono eguali in dignità? Oppure è lecito orientarsi verso la maggior speranza di vita e fare un calcolo delle probabilità di successo clinico o del numero di anni di vita in buona salute che possiamo massimizzare?
I problemi di giustizia non si pongono soltanto al letto del malato, ma ogni volta che si decide, sul piano politico o amministrativo, di investire più risorse in un settore e di penalizzarne invece un altro. Le associazioni di malati sollevano clamorosi problemi di questo tipo, contestando scelte ingiustificate, arbitrarie, lesive delle minoranze. Il film Worth (Il patto, USA 2020), della giovane, brillante regista italo-americana Sara Colangelo, affronta un tema simile: la compensazione dei danni subiti dalle vittime dell’attacco terroristico alle Torri gemelle avvenuto l’11 settembre 2001. Il presidente degli USA George W. Bush stanziò un fondo specifico (Victim Compensation Fund) e incaricò un noto legale, Kenneth Feinberg (interpretato da Michael Keaton), esperto in mediazioni civili, il quale aveva offerto al Congresso la propria disponibilità a occuparsene gratuitamente. Lavorò 33 mesi con l’obiettivo di ottenere l’assenso di almeno l’85% dei soggetti coinvolti (circa 7 mila casi) entro la scadenza concessa.
Feinberg programmò di ripartire la cifra secondo regole predefinite, risultate utili in altri casi di contenzioso economico e di patteggiamento assicurativo sulla base del calcolo delle probabilità (la storia è vera e l’avvocato Feinberg la raccontò in un libro uscito nel 2006, What is Life Worth?, PublicAffairs). La regola si fondava sul criterio del «lucro cessante», cioè su quanti soldi un lavoratore non avrebbe più potuto guadagnare a causa della grave lesione patita. In cambio, le vittime dovevano garantire che non avrebbero intentato cause legali, evitando così che un’infinita serie di processi paralizzasse per anni i tribunali e dissanguasse le finanze dello Stato e delle compagnie aeree. Ma questo approccio non funzionava! Si rischiava di privilegiare famiglie già ricche. Non si considerava adeguatamente né il merito (qualcuno era tornato nelle Torri per salvare altre persone), né il disagio sofferto e le cure per attenuarlo.
Inoltre il meccanismo distributivo suonava burocratico, impersonale e disumano per chi aveva perso persone care (le quali avevano lasciato a volte specifiche disposizioni testamentarie) o per chi aveva riportato danni, stress e disabilità cronici. Erano patimenti unici e irrimediabili e una stessa lesione racchiudeva un significato diverso per pazienti diversi. Pertanto si stavano costituendo gruppi di cittadini insoddisfatti e arrabbiati, aiutati da avvocati come Charles Wolf (interpretato da Stanley Tucci), a sua volta rimasto vedovo a causa del disastro, pronti a vere e proprie class action o a tenaci ricorsi giuridici. La vita non ha prezzo. Chi è colpito da una disgrazia assurda, ingiustificata e imprevedibile, non vuole essere trattato come un mero problema economico, ma esige una prossimità sociale accogliente e personalizzata. Chiede non un felice contratto d’affari, ma un’alleanza tra pari, un patto leale, il quale dimostri che ha ancora senso vivere e sperare in un futuro degno per le nuove generazioni. Non si può gestire il dolore del lutto a suon di quattrini.
La conversione etica dello studio legale incaricato della transazione impose un ribaltamento di priorità: la norma astratta doveva venire formulata dopo aver ascoltato le narrazioni dei sofferenti, accolto le primarie richieste di aiuto e creato una rete di sostegno sociale. Un contratto si firma solo a condizione che le parti vivano un rapporto di fiducia (trust) basato su uno scambio di promesse moralmente coinvolgenti e su una visione condivisa di giustizia, di lotta contro il male caduto quel giorno dal cielo, quando gli aerei dirottati avevano fatto implodere le Torri del Trade World Center (Centro del commercio mondiale), un simbolo per la comunità nord-americana.
Il cinema della regista Colangelo evita sentimentalismi e segue puntigliosamente i rapporti umani tra i personaggi, le loro solitudini, gli entusiasmi, le crisi di coppia e le impreviste solidarietà tra avvocati rivali. Il cinema stesso si fonda su un patto tra autore e spettatore, che si impegnano a incarnarsi attraverso l’immaginazione nelle vicende biografiche e storiche. L’obiettivo è portare alla luce la verità, i motivi delle decisioni, i tradimenti e le macchinazioni. La letteratura filmica ci introduce in dilemmi imprevisti: «Avresti provato rabbia?», «Come avresti retribuito chi chiedeva aiuto?», «Quale vita avresti rischiato di considerare meno degna?».
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!